In vendita la principesca villa di Picasso in Costa Azzurra

In vendita la principesca villa di Picasso in Costa Azzurra

“Mas de Notre Dame de Vie” sarà venduta all’asta il 12 ottobre 2017. La base d’asta è di 20 milioni di euro. Il suo valore storico e collezionistico, incalcolabile

ROMA – Andrà al miglior offerente una delle case più spettacolari e famose della Costa Azzurra: “Mas de Notre Dame de Vie” a Mougins, la preziosa e irripetibile ultima dimora di Pablo Picasso che qui, in questo lembo paradisiaco della costa francese, decise di trascorrere gli ultimi anni della sua vita e dove trovò ispirazione per un numero impressionante di opere. 

A darne la notizia il sito LuxuryEstate che sta curando i dettagli della vendita e che informa: “Mas de Notre Dame de Vie” sarà venduta all’asta il 12 ottobre 2017. Insieme all’avvocato vi accompagneremo attraverso il processo d’asta in modo che la proprietà sarà consegnata libera e senza tasse. I giorni in cui sarà possibile visitare la casa saranno il 22 settembre e il 29 settembre 2017″.

La proprietà con vista sul giardino e vista della Baia di Cannes, sorge tra le montagne e il villaggio di Mougins. E’ composta da una struttura principale e da una destinata agli ospiti.  Complessivamente parliamo di 1709 metri quadrati di superficie calpestabile su 3 piani, 32 stanze, 15 camere, 12 bagni, una palestra, una spa, un hammam con camerini e stanze per fare massaggi, docce e lavanderia. Un restauro di oltre due anni, seguito personalmente da un noto architetto belga, ha riportato la casa al suo originario splendore dopo un periodo di abbandono. L’ultima moglie di Picasso, infatti, aveva voiluto che la casa rimanesse immobile al momento della scomparsa dell’artista. Nulla era stato spostato da quel momento: neanche gli occhiali da vista del pittore.

La base d’asta è, ovviamente, altissima. Si parte infatti da 20 milioni di euro. Ma per i collezionisti, la proprietà della prestigiosa dimora sul mare, probabilmente non ha prezzo.

 

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Il Museo di Arte Orientale Edoardo Chiossone cerca un nuovo direttore

Il Museo di Arte Orientale Edoardo Chiossone cerca un nuovo direttore

A Genova aperto il bando per individuare il candidato idoneo a ricoprire la carica più alta dell’istituzione di studi orientali. Fino al 13 ottobre

Roma – Deve conoscere la lingua giapponese e inglese parlata e scritta, avere competenze di alto livello in storia dell’ arte in particolare della storia delle arti orientali, oltre ad avere conoscenze di museologia, economia, management dei beni culturali e marketing culturale e conoscenza delle procedure di restauro e di riqualificazione del patrimonio artistico, il futuro direttore del Museo di Arte orientale Antonio Chiossone di Genova. Chi ritenesse di avere tali caratteristiche può rispondere al bando bando funzionario museo chiossone. Le domande saranno accolte fino al 13 ottobre.

 

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Il Museo di Arte Orientale Edoardo Chiossone cerca un nuovo direttore

Il Museo di Arte Orientale Edoardo Chiossone cerca un nuovo direttore

A Genova aperto il bando per individuare il candidato idoneo a ricoprire la carica più alta dell’istituzione di studi orientali. Fino al 13 ottobre

Roma – Deve conoscere la lingua giapponese e inglese parlata e scritta, avere competenze di alto livello in storia dell’ arte in particolare della storia delle arti orientali, oltre ad avere conoscenze di museologia, economia, management dei beni culturali e marketing culturale e conoscenza delle procedure di restauro e di riqualificazione del patrimonio artistico, il futuro direttore del Museo di Arte orientale Antonio Chiossone di Genova. Chi ritenesse di avere tali caratteristiche può rispondere al bando bando funzionario museo chiossone. Le domande saranno accolte fino al 13 ottobre.

 

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A Prizren “Autostrada Biennale”: ora anche il Kosovo ha il suo appuntamento di arte contemporanea

La mappa di Prizren e i luoghi della rassegna

Nei Balcani una proposta nuova: il “confine” è il tema della prima edizione di questa scommessa voluta da un gruppo di giovani artisti, pedagoghi e sociologi. Il curatore è Manray Hsu

ROMA – Paese complicato, il Kosovo. Ancora solo parzialmente riconosciuto come stato indipendente, nato solo nel 2008 autoproclamandosi autonomo dalla Serbia. Complicata la sua situazione politica, in attesa di un riconoscimento internazionale univoco e la volontà di far parte dell’Unione Europea, complicata la situazione economica, con una popolazione giovanissima e vogliosa di trovare un futuro anche altrove. Ancora più interessante, quindi, il suo desiderio di ritargliarsi un ruolo importante nella proposta culturale dei Balcani proponendosi con la sua prima Biennale di arte contemporanea, Autostrada Biennale, che non poteva avere altra sede che la splendida Prizren, piccola cittadina dal passato culturale multietnico, famosa per il ponte ottomano, le chiese ortodosse e le tante moschee, oltre che per i suoi tipici tetti rossi.

Dal 19 agosto fino al 23 settembre 2017, Prizren e il Kosovo sono in prima linea come ultimo fronte dei Balcani alla ricerca di un’affermazione nel mondo culturale mediterraneo e contemporaneo. Lo fanno con una prima edizione che, già dal titolo, è un rimando al tentativo, neanche velato, di riappropriarsi del ruolo che i Balcani hanno sempre avuto tra Oriente e Occidente: quello del ponte. E proprio come un ponte, o meglio come un’autostrada che unisce più luoghi, la prima Biennale kosovara di arte contemporanea, fondata da Leutrim Fishekqiu, Vatra Abrashi, Baris Karamuco and Fitore Isufi e curata da Manray Hsu, arrivato per questo motivo da Taipei, si pone a metà strada tra Venezia e Istanbul, avamposti culturali per eccellenza di un confronto tra est ed ovest mai sentito come in questi tempi difficli e complessi. Punti di partenza e di arrivo di questa autostrada che vuole attraversare i Balcani indagando un tema attualissimo e fortemente percepito: il confine. 

Titolo della biennale 2017, infatti, è The future of borders, e mai tema fu più appropriato per un paese che ha rivendicato i suoi fino allo scontro, che vive perennemente in bilico come chi non è ancora completamente accettato, e che ha fatto della riflessione sui confini, propri, altrui, ideali, culturali e artistici, una sorta di luogo identita nazionale. E si vedono così, quelli di Autostrada Biennale, come “una fabbrica e un posto di lavoro utopistico nel senso migliore del significato. La squadra di Autostrada Biennale conduce una fabbrica utopica, con la missione di trasformare contemporaneamente la città in museo e centro contemporaneo, segnando nuovi spazi di sperimentazione sulla storia secolare di Prizren. Un posto in cui le esperienze locali del tempo sovvertono l’unità di abbracciare e inventare il proprio tempo”. 

L’ambizioso programma parte in questa prima edizione con un gruppo di giovani (e non) artisti (tra qui diversi italiani) e tante location distribuite tra la città che vive e lavora (la stazione degli autobus ad esempio, simbolo estremo di partenza ed arrivo, viaggio, paese e confine) tra la città monumentale (la fortezza di Kalaja, là in alto, dove i turisti salgono per ammirare la downtown medievale che si tinge di rosa al tramonto) e la città culturalmente più attiva (con i caffè e i luoghi di ritrovo adatti alle presentazioni, agli incontri, ai dibattiti) , ma anche le antiche case private, restuarate e rinate, o gli storici Bagni turchi della moschea Emin Pasha. Prizren questa vocazione a mescolare antico e presente, ce l’ha. Non a caso ospita già il Dokufest, festival di cortometraggi e film documentari che, ogni anno, è sempre più frequentato. Dal 2017 vuole dire la sua anche nell’arte contemporanea e ci sta provando, proprio in questi giorni. 

Ventitrè artisti, prevalentemente di provenienza balcanica. Ma ci sono italiani, austriaci, cinesi, taiwanesi, danesi (Olafur Eliasson  che espone con Libia Castro, è artista danese nato da famiglia islandese, noto per aver esposto alla Tate Modern di Londra la fantastica installazioneThe Weather Project nel 2003) a dimostrare che il mondo è vario e il Kosovo sa rappresentarlo in tutte le sue sfaccettature, un po’ come il cubo specchiante della montenegrina Jelena Tomasevic, che dall’alto della fortezza moltiplica il paesaggio e i suoi protagonisti. Ci sono arti performative, installazioni, pittura, fotografia. C’è la guerra, anche, in sottofondo, e non potrebbe essere diverso in paese che deve ancora cancellare i segni di uno degli scontri etnici più cruenti che l’Europa ricordi, che si è consumato poco meno di vent’anni fa. Viene dalla controversa Mitrovica mezza albanese e mezza serba, Alban Muja e non è un caso che il suo “Borders without borders” si presenti come un progetto che comprende 26 foto di 26 edifici confinanti di 26 stati Schengen dell’UE: quell’Unione Europa desiderio proibito per ogni kosovaro. Così come appare struggente la riflessione del collettivo Irwin sul passaporto, documento quasi scontato per ogni europeo, che per un kosovaro rappresenta quasi un oggetto del desiderio con la sua simbolica potenzialità di connessione con il resto del mondo. Questo il gruppo dei pionieri: Valentina Bonizzi (Italy), CHANG Chien-Chi (Taiwan), (Libya Castro (Spain) & Olafur Olafsson (Iceland), Yannick Dauby (France), Ettore Favini (Italy), Artan Hajrullahu (Kosova), Ibro Hasanovic (Bosnia), Haveit (Kosova), HSU Chia-Wei (Taiwan), Irwin (Slovenia), Doruntina Kastrati (Kosova), Sead Kazanxhiu (Albania), LI Binyuan (China), Alban Muja (Kosova), Ella Raidel ), Oliver Ressler (Austria), Stefano Romano (Italy), Obsessive Possessive Aggression (Macedonia), Rena Radle (Germany) and Vladan Jeremic (Serbia), Jelena Tomasevic (Montenegro), Saso Sedlacek (Slovenia) YANG Shun-Fa (Taiwan), Alketa Xhafa (Kosova – England).

Sembra ricca di spunti e di riflessioni questa prima Biennale kosovara: un mese per aprire una strada e proporre un modello, nel tentativo di tornare a fare del messaggio artistico la rete di salvataggio dei Balcani. Ripartendo da dove ci si era, disgraziatamente, arenati: la multiculturalità. 

Vademecum

Autostrada Biennale
Dal 19 agosto al 23 settembre 2017
Prizen, Kosovo
http://autostradabiennale.org

 

 

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A Prizren “Autostrada Biennale”: ora anche il Kosovo ha il suo appuntamento di arte contemporanea

La mappa di Prizren e i luoghi della rassegna

Nei Balcani una proposta nuova: il “confine” è il tema della prima edizione di questa scommessa voluta da un gruppo di giovani artisti, pedagoghi e sociologi. Il curatore è Manray Hsu

ROMA – Paese complicato, il Kosovo. Ancora solo parzialmente riconosciuto come stato indipendente, nato solo nel 2008 autoproclamandosi autonomo dalla Serbia. Complicata la sua situazione politica, in attesa di un riconoscimento internazionale univoco e la volontà di far parte dell’Unione Europea, complicata la situazione economica, con una popolazione giovanissima e vogliosa di trovare un futuro anche altrove. Ancora più interessante, quindi, il suo desiderio di ritargliarsi un ruolo importante nella proposta culturale dei Balcani proponendosi con la sua prima Biennale di arte contemporanea, Autostrada Biennale, che non poteva avere altra sede che la splendida Prizren, piccola cittadina dal passato culturale multietnico, famosa per il ponte ottomano, le chiese ortodosse e le tante moschee, oltre che per i suoi tipici tetti rossi.

Dal 19 agosto fino al 23 settembre 2017, Prizren e il Kosovo sono in prima linea come ultimo fronte dei Balcani alla ricerca di un’affermazione nel mondo culturale mediterraneo e contemporaneo. Lo fanno con una prima edizione che, già dal titolo, è un rimando al tentativo, neanche velato, di riappropriarsi del ruolo che i Balcani hanno sempre avuto tra Oriente e Occidente: quello del ponte. E proprio come un ponte, o meglio come un’autostrada che unisce più luoghi, la prima Biennale kosovara di arte contemporanea, fondata da Leutrim Fishekqiu, Vatra Abrashi, Baris Karamuco and Fitore Isufi e curata da Manray Hsu, arrivato per questo motivo da Taipei, si pone a metà strada tra Venezia e Istanbul, avamposti culturali per eccellenza di un confronto tra est ed ovest mai sentito come in questi tempi difficli e complessi. Punti di partenza e di arrivo di questa autostrada che vuole attraversare i Balcani indagando un tema attualissimo e fortemente percepito: il confine. 

Titolo della biennale 2017, infatti, è The future of borders, e mai tema fu più appropriato per un paese che ha rivendicato i suoi fino allo scontro, che vive perennemente in bilico come chi non è ancora completamente accettato, e che ha fatto della riflessione sui confini, propri, altrui, ideali, culturali e artistici, una sorta di luogo identita nazionale. E si vedono così, quelli di Autostrada Biennale, come “una fabbrica e un posto di lavoro utopistico nel senso migliore del significato. La squadra di Autostrada Biennale conduce una fabbrica utopica, con la missione di trasformare contemporaneamente la città in museo e centro contemporaneo, segnando nuovi spazi di sperimentazione sulla storia secolare di Prizren. Un posto in cui le esperienze locali del tempo sovvertono l’unità di abbracciare e inventare il proprio tempo”. 

L’ambizioso programma parte in questa prima edizione con un gruppo di giovani (e non) artisti (tra qui diversi italiani) e tante location distribuite tra la città che vive e lavora (la stazione degli autobus ad esempio, simbolo estremo di partenza ed arrivo, viaggio, paese e confine) tra la città monumentale (la fortezza di Kalaja, là in alto, dove i turisti salgono per ammirare la downtown medievale che si tinge di rosa al tramonto) e la città culturalmente più attiva (con i caffè e i luoghi di ritrovo adatti alle presentazioni, agli incontri, ai dibattiti) , ma anche le antiche case private, restuarate e rinate, o gli storici Bagni turchi della moschea Emin Pasha. Prizren questa vocazione a mescolare antico e presente, ce l’ha. Non a caso ospita già il Dokufest, festival di cortometraggi e film documentari che, ogni anno, è sempre più frequentato. Dal 2017 vuole dire la sua anche nell’arte contemporanea e ci sta provando, proprio in questi giorni. 

Ventitrè artisti, prevalentemente di provenienza balcanica. Ma ci sono italiani, austriaci, cinesi, taiwanesi, danesi (Olafur Eliasson  che espone con Libia Castro, è artista danese nato da famiglia islandese, noto per aver esposto alla Tate Modern di Londra la fantastica installazioneThe Weather Project nel 2003) a dimostrare che il mondo è vario e il Kosovo sa rappresentarlo in tutte le sue sfaccettature, un po’ come il cubo specchiante della montenegrina Jelena Tomasevic, che dall’alto della fortezza moltiplica il paesaggio e i suoi protagonisti. Ci sono arti performative, installazioni, pittura, fotografia. C’è la guerra, anche, in sottofondo, e non potrebbe essere diverso in paese che deve ancora cancellare i segni di uno degli scontri etnici più cruenti che l’Europa ricordi, che si è consumato poco meno di vent’anni fa. Viene dalla controversa Mitrovica mezza albanese e mezza serba, Alban Muja e non è un caso che il suo “Borders without borders” si presenti come un progetto che comprende 26 foto di 26 edifici confinanti di 26 stati Schengen dell’UE: quell’Unione Europa desiderio proibito per ogni kosovaro. Così come appare struggente la riflessione del collettivo Irwin sul passaporto, documento quasi scontato per ogni europeo, che per un kosovaro rappresenta quasi un oggetto del desiderio con la sua simbolica potenzialità di connessione con il resto del mondo. Questo il gruppo dei pionieri: Valentina Bonizzi (Italy), CHANG Chien-Chi (Taiwan), (Libya Castro (Spain) & Olafur Olafsson (Iceland), Yannick Dauby (France), Ettore Favini (Italy), Artan Hajrullahu (Kosova), Ibro Hasanovic (Bosnia), Haveit (Kosova), HSU Chia-Wei (Taiwan), Irwin (Slovenia), Doruntina Kastrati (Kosova), Sead Kazanxhiu (Albania), LI Binyuan (China), Alban Muja (Kosova), Ella Raidel ), Oliver Ressler (Austria), Stefano Romano (Italy), Obsessive Possessive Aggression (Macedonia), Rena Radle (Germany) and Vladan Jeremic (Serbia), Jelena Tomasevic (Montenegro), Saso Sedlacek (Slovenia) YANG Shun-Fa (Taiwan), Alketa Xhafa (Kosova – England).

Sembra ricca di spunti e di riflessioni questa prima Biennale kosovara: un mese per aprire una strada e proporre un modello, nel tentativo di tornare a fare del messaggio artistico la rete di salvataggio dei Balcani. Ripartendo da dove ci si era, disgraziatamente, arenati: la multiculturalità. 

Vademecum

Autostrada Biennale
Dal 19 agosto al 23 settembre 2017
Prizen, Kosovo
http://autostradabiennale.org

 

 

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Domenica musei statali gratis in tutta Italia

Domenica musei statali gratis in tutta Italia

Torna l’iniziativa del MIBACT che apre gratuitamente istituzioni museali e siti archeologici: sono già 10 milioni i visitari che ne hanno approfittato dalla sua istituzione, nel 2014

ROMA – Domenica 3 settembre torna la domenica gratuita nei musei e nei siti archeologici statali. Una giornata di festa promossa dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo a cui aderiscono molti musei comunali in tutta Italia.

In vigore dal luglio del 2014 questa iniziativa ha visto la partecipazione in tutte le sue edizioni di oltre 10 milioni di visitatori nei soli musei statali. Su www.beniculturali.it tutte le informazioni, gli orari e i luoghi aperti gratuitamente domenica 3 settembre.

 

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Druso superstar a settembre nella sede dei Carabinieri

Druso superstar a settembre nella sede dei Carabinieri

Tutti i sabato di settembre, dalle 10,00 alle 14,00, si potrà ammirare la testa marmorea da poco rientrata in Italia dopo essere stata restituita dal museo di Cleveland

ROMA – La testa in marmo del generale Druso, figlio dell’imperatore Tiberio, datata I sec. d.C., sottratta dal Museo Civico di Sessa Aurunca durante il periodo di occupazione bellica e rientrata in Italia il primo giugno a seguito dell’accordo tra il MIBACT e il Museo statunitense di Cleveland, sarà eccezionalmente  in esposizione per tutto il mese di settembre.

Nella sede del Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale di Roma – piazza di Sant’Ignazio 152 – tutti i sabato di settembre 2017 infatti – l’eccezionale reperto appena recuperato dagli USA, verrà esposto con ingresso libero dalle 10,00 alle 14,00, seguendo l’esempio dell’esposizione dell’altra testa marmorea. quella di Tiberio, avvenuta nel marzo di quest’anno a Firenze per celebrare l’approssimarsi del primo G7 dei Ministri della Cultura.

Il Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale apre quindi nuovamente al pubblico la sua prestigiosa sede nel cuore di Roma, per l’eccezionale esposizione dell’ultimo importante recupero: una testa in marmo, raffigurante il Generale Druso, figlio dell’Imperatore Tiberio, che dalla collezione del museo di Sessa Arunca, e dopo un breve passaggio in Francia, era stata acquistata dal Museo di Cleveland nel 2004. Una lunga procedura giudiziaria ha permesso di riportarle in Italia ed ora di essere esposte a testimonianza del grande lavoro di recupero e valorizzazione del nucleo tutela patrimonio culturale dei Carabinieri. 

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Modena: la rievocazione storica della sua fondazione

Modena: la rievocazione storica della sua fondazione

Dall’1 al 10 settembre la Mutina Boica, nona edizione dedicata quest’anno alla nascita della colonia romana: ricostruzione di accampamenti e battaglie, conferenze e spettacoli

Dopo il successo di pubblico che nel 2016 ha registrato oltre 40.000 presenze, torna “Mutina Boica“, la rievocazione storica a cura di Crono organizzazione eventi in collaborazione con i Musei Civici di Modena. Quest’anno la manifestazione è dedicata all’anniversario della fondazione della colonia romana di Modena che, insieme a Parma e Reggio Emilia, festeggia i 2200 anni di vita, e rientra nell’ambito del programma Mutina Splendidissima del Comune di Modena.

Visitare gli accampamenti ricostruiti come in epoca romana, assistere a battaglie campali e giochi equestri, seguire conferenze a tema, didattiche, laboratori per adulti e bambini, oltre a grandi spettacoli di rievocazione storica e perfino cenare in una “Caupona Mutinensis”, ovvero la ricostruzione di una taverna romana vera e propria, con menù elaborati ad hoc: questo e tanto altro sarà possibile nel corso della nona edizione di Mutina Boica, dal 1 al 10 settembre, ad accesso libero e gratuito, presso l’area del Parco Ferrari, che recentemente ha ospitato il concerto di Vasco, e il Novi Ark di Modena.

L’edizione 2017 di Mutina Boica, ormai consolidatasi come una delle principali rievocazioni storiche di epoca romana a livello nazionale, ha come filo conduttore la fondazione della città che, nel 183 a.C. – a pochi anni di distanza dall’inizio della costruzione della via Emilia – venne istituita insieme alle altre colonie romane di Parma e Reggio: romani, celti ed etruschi, ovvero i popoli che hanno abitato il territorio di Mutina in epoca romana, saranno quindi i protagonisti della nona edizione.

Tante le novità di quest’anno, innanzitutto la durata: per un anniversario “speciale” un’edizione unica, con dieci giorni di programmazione tra grandi spettacoli di rievocazione, conferenze, concerti, living history e una proposta davvero particolare, la “Caupona Mutinensis”. Da venerdì 1 settembre infatti il Parco Ferrari di Modena sarà animato dalla ricostruzione di una taverna romana in piena regola che per tutta la durata della manifestazione proporrà un menù a tema storico Gallo-Romano, ispirato alle ricette del tempo. Un’esperienza imperdibile, per passare una serata a tavola nell’antica Roma tra gustatio, prima e secunda mensa – o meglio antipasti, piatti principali e dessert.

Da mercoledì 6 settembre storia, teatro e gastronomia si arricchiscono di musica, concerti, stand gastronomici e un mercatino artigianale a tema storico: prenderà infatti il via un ricco programma di appuntamenti e sarà possibile visitare gli accampamenti storici allestiti presso il parco Ferrari a cura delle associazioni di rievocazione storica e assistere ai grandi spettacoli di ricostruzione che da anni richiamano migliaia di persone, con battaglie campali e giochi equestri, che per la loro realizzazione coinvolgono centinaia di rievocatori e stuntmen, oltre a incontri, laboratori didattici e conferenze. I grandi personaggi che hanno reso celebre la storia romana e hanno lasciato un segno nella città geminiana riprenderanno vita: la rivolta di Spartaco che a Mutina segnò un momento decisivo, Scipione e Annibale – grandi avversari scomparsi entrambi nell’anno di fondazione di Mutina, il 183 a. C. – fino al momento di svolta tra Repubblica e Impero, che a Mutina nel 43 a. C. vide il futuro imperatore Ottaviano, il triumviro Marco Antonio e il cesaricida Decio Bruto confrontarsi in quella divenuta poi nota come La Guerra di Mutina.

Da giovedì 7 il Parco Enzo Ferrari sarà poi popolato dal mercato artigianale e dai concerti celtic rock che accompagneranno per quattro serate Mutina Boica 2017.

Venerdì 8 arriveranno poi gli accampamenti di rievocazione, abitati da oltre 400 reenactors celti, romani ed etruschi e, alle 21.30, da non perdere il debutto del grande

spettacolo dedicato alla fondazione della colonia, “Il Mito delle origini”, una produzione speciale Crono Eventi in replica anche sabato 9.

Come di consueto nell’ambito della manifestazione i Musei Civici propongono un incontro di approfondimento scientifico con un esperto di livello internazionale. Quest’anno è la volta di Marc Mayer Olivé, professore di Filologia Latina all’Università di Barcellona e Vicepresidente dell’Associazione Internazionale di Studi Classici, che sviluppa il tema della fondazione di Mutina in relazione alla politica di Roma e all’ istituzione delle altre colonie romane transalpine.

Nel fine settimana il programma prevede anche numerosi appuntamenti per famiglie e bambini a tema storico, con l’animazione “Gioca con la Storia” che riproporrà aspetti didattici del mondo antico in chiave ludica.

Altra novità 2017 è “Mutina Fecit”, una serie di appuntamenti didattici dedicati alla riscoperta dell’artigianato di età romana a cura di esperti della ricostruzione storica che presenteranno produzioni tipiche di Mutina, che in epoca romana (e anche moderna) riscuotevano grande successo: lana, vino e ceramica in primis

Gli spettacoli di ricostruzione proseguiranno con “Il sacro fuoco di Vesta” e il “Ludus Mutinense” nei quali sarà raccontato il culto delle sacerdotesse Vestali e la passione dei modenesi per i combattimenti tra gladiatori.

Domenica 10 sarà la volta della lectio magistralis di Giovanni Brizzi, ordinario dell’Università degli Studi di Bologna e profondo conoscitore delle vicende della Seconda Guerra Punica che tratterà della scomparsa, a pochi mesi di distanza, di Annibale e Scipione l’Africano, sempre nel 183 a. C., figure chiave di quella fase storica e utili a far comprendere il quadro politico nel quale si inserì la fondazione di Modena. Alle 18.00 è previsto un gran finale della manifestazione con “Mutina Deducta Est”, uno spettacolo di ricostruzione dove andranno in scena gli episodi legati alla nascita di Modena.

La manifestazione, che lo scorso anno ha superato le 40.000 presenze, è organizzata da Crono Eventi in collaborazione con i Musei Civici e il Comune di Modena con il sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Modena e della Regione Emilia-Romagna. L’evento si inserisce all’interno del programma “Mutina Splendidissima” (www.mutinasplendidissima.it) che a sua volta fa parte del più ampio progetto “2200 anni lungo la Via Emilia”, promosso dai Comuni di Modena, Parma e Reggio Emilia, dalle Soprintendenze Archeologia di Bologna  e Parma, dal Segretariato Regionale Beni, Attività culturali e Turismo, e dalla Regione Emilia-Romagna.(www.2200anniemilia.it)

Per informazioni e dettagli sul programma:

www.cronoeventi.it 

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Fotogiornalismo: Robert Capa al Museo di Bassano del Grappa

Robert Capa

I grandi conflitti del XX secolo nelle immagini del fotografo di Magnum Photos che con questa mostra celebra i 70 anni dalla sua fondazione

ROMA – Un patrimonio fotografico enorme, quello che ci ha lasciato Robert Capa, eroe del fotogiornalismo di guerra, e non solo, punta di diamante della Magnum Photos. Un patrimonio enorme dal quale, con regolarità, si selezionatno immagini per allestire esposizioni sul grande fotografo. Anche Bassano del Grappa, In occasione di “Bassano Fotografia 2017 Oltre l’immagine” (16 settembre-5 novembre 2017), ne organizza una. Ed è sempre un piacere poter ammirare gli scatti ormai iconici di un grandissimo della fotografia. Questa volta, dal 16 settembre 2017 al 22 gennaio 2018, al Museo Civico di Bassano del Grappa, Robert Capa. Retrospective, porta circa 100 immagini in bianco e nero che ripercorrono i maggiori conflitti del XX secolo, dalla guerra civile spagnola (1936-1939) alla resistenza della Cina all’invasione giapponese (1938), dalla Seconda guerra mondiale (1941-1945) al primo conflitto arabo-israeliano (1948), fino alla guerra francese in Indocina (1954). A queste fotografie si aggiunge una serie di ritratti di amici e artisti tra cui Picasso, Bergman, Hemingway, Faulkner, Matisse.

in collaborazione con Magnum Photos, la Casa dei Tre Oci e Manfrotto, la mostra  è dedicata alle celebrazioni dei 70 anni dalla fondazione di Magnum Photos. La rassegna, curata da Chiara Casarin, direttore dei Musei Civici bassanesi, e Denis Curti, direttore artistico della Casa dei Tre Oci di Venezia, presenta 97 fotografie in bianco e nero, che il fotografo, fondatore di Magnum Photos nel 1947 insieme a Henri Cartier-Bresson, George Rodger, David “Chim” Seymour e William Vandivert, ha scattato dal 1936 al 1954, anno della sua morte in Indocina, per una mina anti-uomo.

L’esposizione si articola in 11 sezioni: Copenaghen 1932, Francia 1936-1939, Spagna 1936-1939, Cina 1938, Seconda guerra mondiale 1939-1945, Francia 1944, Germania 1945, Unione sovietica 1947, Israele 1948-1950, Indocina 1954, Ritratti, fotografie di amici e artisti (Gary Cooper, Ernest Hemingway, Ingrid Bergman, Pablo Picasso, Henri Matisse, Truman Capote, John Huston, William Faulkner, Capa stesso insieme a John Steinbeck, e infine un ritratto del fotografo scattato da Ruth Orkin nel 1951).

All’interno del percorso il visitatore potrà ripercorrere la vita e il lavoro di Capa, sin dal suo primo incarico internazionale per l’agenzia berlinese Dephot, a Copenaghen nel 1932, per la conferenza di Trotskij. In mostra anche le fotografie delle tumultuose parate di Parigi del 1936 e della guerra civile in Spagna, nello stesso anno, cui la celebre rivista inglese Picture Post dedica un inserto di undici pagine con l’indimenticabile didascalia: “Il più grande fotografo di guerra al mondo: Robert Capa”. A queste si aggiungono i reportages della resistenza della Cina all’invasione giapponese del 1938, della Seconda guerra mondiale, che Capa seguì sui diversi fronti di battaglia con le dense immagini della conquista della Sicilia e di Napoli del 1943, per arrivare al D-Day e alla liberazione di Parigi del 1944, l’invasione in Germania con i parà americani del 1945, il viaggio in Russia del 1947, fino alla fondazione ufficiale dello stato di Israele del 1948 e suo ultimo incarico di guerra in Indocina del 1954.

Il progetto espositivo presentato a Bassano è frutto della collaborazione tra i Musei Civici – Assessorato alla Cultura di Bassano del Grappa e la Casa dei Tre Oci di Venezia, specializzata sulla fotografia dei grandi maestri : da Elliott Erwitt a Sebastião Salgado, da Gianni Berengo Gardin a Helmut Newton fino a DavidLaChapelle – (la mostra Lost+Found è visitabile fino al 10 settembre 2017) e produzioni proprie, dalla collettiva Sguardo di donna al lavoro di Ferdinando Scianna sul ghetto ebraico di Venezia.

«Più di una ragione – spiega Chiara Casarin – mi ha indotto a credere in questo progetto. Innanzitutto il protagonista, Robert Capa, che con i suoi scatti di guerra può, in questo delicato momento storico, toccare le corde e rappresentare per immagini i timori di ciascuno di noi. Un occhio sensibile e sfrontato allo stesso tempo che può insegnare a guardare il mondo in modo diverso. Una seconda ragione riguarda la città di Bassano del Grappa dove la manifestazione Bassano Fotografia, giunta alla sua quinta edizione, prosegue un’importante attività di promozione dei talenti ed è un fondamentale contesto territoriale per una retrospettiva di valore internazionale. La terza, ma non ultima ragione, è il Museo Civico di Bassano del Grappa dove le strategie di valorizzazione del patrimonio si innestano nella programmazione di mostre su temi e autori che abbiano lasciato un segno nella storia dell’ultimo secolo».

 

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