Gallerie degli Uffizi. Prima mostra di cinema con Eizenstein

Sergej M. Ejzenštejn, foto dal set del film Ivan il Terribile, 1943

Dal 7 novembre al 7 gennaio 2018, in occasione dell’anniversario della Rivoluzione ottobre, una esposizione dedicata al padre della “Corazzata Potemkin” ospitata al primo piano della galleria fiorentina

FIRENZE – Gli Uffizi ospitano per la prima volta una mostra dedicata al cinema, una assoluta novità per il Museo fiorentino che, in questo modo sottolinea un interesse non solo per le arti figurative, ma anche per le cosiddette arti dello spettacolo. 

Si tratta di Ejzenštejn. La rivoluzione delle immagini, una esposizione a cura di Marzia Faietti, Pierluca Nardoni, Eike D. Schmidt,realizzata in occasione del centenario della Rivoluzione russa. Protagonista è appunto il talento di Sergej M. Ejzenštejn, presentato in un percorso che ne restituisce la multiforme creatività e che unisce l’attività del disegnatore a quella del cineasta, trovando uno speciale filo conduttore nel riferimento all’arte italiana del tardo Medioevo e del Rinascimento.

Per la prima volta vengono esposti settantadue disegni del regista, tutti provenienti dall’Archivio Statale di Letteratura e Arte di Mosca (RGALI). La selezione è avvenuta seguendo rigorosamente due principi. Il primo è l’autonomia di queste prove grafiche, comprese per la quasi totalità tra i primi anni Trenta e il 1948 e considerate dallo stesso regista una sorta di trascrizione automatica dei pensieri, capace di fissare sulla carta un flusso costante di idee che dialoga con i film e li ispira, senza però subordinarsi a essi. Il secondo discende dal primo e riguarda lo stile dei disegni, contrassegnato da una linearità sintetica che rimanda al Tre e al Quattrocento e al tempo stesso appartiene a pieno titolo al clima artistico del periodo, tra echi surrealisti e deformazioni neo espressioniste.

Scrive Eike D. Schmidt, Direttore delle Gallerie degli Uffizi: “L’immaginario ejzenštejniano arricchiva la produzione di cinema e disegni tramite il costante confronto con alcuni esempi del Rinascimento italiano conservati agli Uffizi, quali la Battaglia di San Romano di Paolo Uccello, o attraverso la meditazione sui lavori di un grande fiorentino come Leonardo da Vinci, in particolare sul celebre Cenacolo. Questo complesso e avvincente intreccio è tessuto ulteriormente attraverso il concetto di montaggio, da sempre il perno della rivoluzione narrativa di Ejzenštejn, che fornisce l’amalgama al percorso espositivo e descrive un cammino in “crescendo”. Si passa così dalle singole e veloci inquadrature (“cellule” del montaggio, secondo la definizione dello stesso regista) presenti nella prima sala, ai fotogrammi della seconda, per giungere alle sequenze compiute che animano la terza, la quarta e la quinta sala. Il montaggio di Ejzenštejn prefigurava senza alcun’ombra di dubbio anche il futuro e non è un caso che il grande protagonista della Nouvelle Vague Jean-Luc Godard ne approfondisca le idee per assegnare a esso un ulteriore scatto qualitativo. La rivoluzione delle immagini ha dunque un volto antico e uno moderno in continua dialettica. E il Rinascimento, oltre a essere uno straordinario serbatoio di immagini, diventa anche il sinonimo per eccellenza di quella rifioritura culturale a cui ogni rivoluzione dovrebbe ambire”. 

Chi ha conosciuto Sergej Ejzenštejn racconta che si rammaricava spesso di non aver mai potuto mettere piede agli Uffizi: questa mostra sarà l’occasione di riparare a un piccolo torto della Storia.

Nel pieno clima di rinascenza e rivoluzione inaugurato dalla mostra degli Uffizi, Firenze e Bologna concorrono alla creazione di una Settimana della Rivoluzione (7-10 novembre 2017), un ciclo di eventi che si apre con la mostra fiorentina, prosegue con il convegno internazionale Avanguardia e rivoluzione. Il cinema di Sergej M. Ejzenštejn, organizzato dalla Cineteca di Bologna in collaborazione con le Gallerie degli Uffizi (Bologna, 8 novembre), e termina con un secondo convegno internazionale promosso dal Kunsthistorisches Institut in Florenz – Max-Planck-Institut: The future is our only goal. Revolutions of Time, Space and Image. Russia 1917 – 1937 (Firenze, 9-10 novembre).

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Vademecum

Ejzenštejn. La rivoluzione delle immagini
Firenze, 7 novembre 2017 – 7 gennaio 2018
Sale di Levante, Gallerie delle Statue e delle Pitture degli Uffizi
www.uffizi.it

 

 

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Accademia di Francia a Roma, “I Giovedì della Villa”

Accademia di Francia a Roma, “I Giovedì della Villa”

Il 9 novembre incontro con Martin Bethenod responsabile del futuro museo della Bourse de Commerce a Parigi

ROMA – Per I Giovedì della Villa, ideati dalla direttrice Muriel Mayette-Holtz e curati da Cristiano Leone, il 9 novembre Martin Bethenod racconterà gli obiettivi del nuovo ambizioso progetto culturale della collezione Pinault per il museo della Bourse de Commerce a Parigi, seguito alle 20.30 dal concerto del celebre clavicembalista francese Pierre Hantaï che eseguirà le Suite di Bach e di Händel.

Direttore dal 2010 di Palazzo Grassi e Punta della DoganaMartin Bethenod sarà il responsabile del futuro museo della Bourse de Commerce a Parigi. Questa nuova fase della collezione Pinault verrà inaugurata nel 2019 nello storico edificio restaurato dall’architetto Tadao Ando.

Il progetto culturale della collezione Pinault si sviluppa, dal 2006, secondo un triplice principio. Innanzitutto una rete di musei permanenti sul territorio di Venezia: Palazzo Grassi cui, dal 2013, è stato integrato un auditorium, Il Teatrino, e Punta della Dogana, tutti e tre concepiti – o riadattati – da Tadao Ando. In secondo luogo un programma di mostre fuori le mura, in collaborazione con diverse istituzioni in Francia e all’estero. Infine, lo sviluppo di iniziative di sostegno alla creazione e di promozione della storia dell’arte, come la residenza artistica di Lens o il premio Pierre Daix.

Vademecum

Roma, Accademia di Francia a Roma – Villa Medici
Ingresso libero nel limite dei posti disponibili
Info: +39 06 67611
www.villamedici.it

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New York. Il Met rende il suo tributo al genio di Michelangelo con una grande mostra

Michelangelo, Studio per la Sibilla Libica, 1511-1512, Metropolitan Museum of Art, New York - particolare

Dal 13 novembre 2017 al 12 febbraio 2018, in esposizione oltre 130 disegni, tra cui uno schizzo, solo recentemente attribuito al Buonarroti. Oltre al cospicuo corpus grafico, presenti anche tre sculture di marmo e il primo dipinto in assoluto realizzato dal Maestro in giovanissima età 

NEW YORK – Il Met, Metropolitan Museum of Art di New York, ospita una grande mostra dedicata a Michelangelo Buonarroti, a cura di Carmen C. Bambach, direttrice del dipartimento di grafica del MET e tra i massimi esperti del genio rinascimentale, dal titolo “Michelangelo: Divine Draftsman and Designer”.

L’eccellenza di Michelangelo nell’arte del disegno è il filo conduttore dell’esposizione newyorkese.  La rassegna, infatti, proporrà al pubblico un nucleo di circa 130 disegni, tra cui uno schizzo su carta, solo recentemente attribuito a Michelangelo, datato intorno al 1530, proveniente dalla collezione del Städel Museum di Francoforte. Tra gli altri saranno esposti anche il cartone preparatorio per l’affresco della Crocifissione di Pietro della Cappella Paolina e lo studio per il monumento funebre di papa Giulio II in San Pietro.

Oltre al cospicuo corpus grafico, sono presenti in mostra anche tre sculture di marmo, tra cui il Giovane Arciere, e quello che viene considerato il primo dipinto in assoluto di Michelangelo, ovvero “Il tormento di Sant’Antonio”, realizzato dal Maestro intorno ai 12 anni, durante il periodo trascorso nella bottega del Ghirlandaio. 

La mostra, come sottolineato dalla curatrice, ha richiesto circa 8 anni di preparazione e rappresenta per il pubblico americano una rara occasione per poter ammirare un numero così cospicuo di disegni del Maestro rinascimentale, alcuni di essi non sono generalmente esposti proprio per timore dei danni che la luce potrebbe provocare. 

Sono circa 50, tra musei ed Istituzioni pubbliche e private di Stati Uniti ed Europa, ad aver collaborato agli eccellenti prestiti. Ruotano attorno alle opere di Michelangelo anche una serie di lavori di artisti a lui contemporanei, in modo da restituire una visione più completa ed articolata del contesto storico e artistico nel quale ha operato il Buonarroti. 

 

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Accademia delle Arti del Disegno di Firenze, convegno su Cosimo Rosselli

Cappella del miracolo del Sacramento in Sant'Ambrogio, Cosimo Rosselli, Il miracolo del calice - 1486

Mercoledì 8 novembre una giornata di studio dedicata a un grande pittore del secondo Quattrocento oggi poco conosciuto dal pubblico

FIRENZE – Mercoledì 8 novembre l’Accademia delle Arti del Disegno Firenze ospita un convegno dedicato a Cosimo Rosselli, dal titolo “Cosimo Rosselli. Tre restauri. Un maestro del rinascimento fiorentino riconsiderato”.

Relegato dalla critica in secondo piano rispetto ai più celebri artisti suoi contemporanei, Rosselli è stato in realtà un grande pittore del secondo Quattrocento. La giornata di studi intende quindi approfondire la conoscenza di questo maestro, restituendogli l’importanza di cui merita. Durante la sua vita  Rosselli fu infatti così noto e stimato da essere uno degli artisti toscani invitati ad affrescare la Cappella Sistina in Vaticano prima di Michelangelo. Era la primavera del 1481 quando Cosimo Rosselli, insieme a Pietro Perugino, Domenico Ghirlandaio e Sandro Botticelli, fu invitato a Roma da Papa Sisto IV. L’opera di Rosselli fu decisamente importante anche per la formazione di artisti come Piero di Cosimo o Fra’ Bartolomeo e a Firenze dipinse per importanti committenti e in luoghi prestigiosi, sia su tavola che su muro. 

L’occasione della giornata di studio è offerta dalla recente conclusione di tre restauri che hanno riguardato sue opere importanti: la Sacra Conversazione, già in San Pier Scheraggio e oggi nella Galleria degli Uffizi (ca.1468), la Vestizione religiosa di San Filippo Benizi nel Chiostrino dei Voti della Santissima Annunziata (1476) e la Cappella del Miracolo del Sacramento in Sant’Ambrogio (1486). I restauri sono stati resi possibili da finanziamenti pubblici e grazie a decisivi contributi privati, da parte della Fondazione Friends of Florence e del Comandante Niccolò Rosselli del Turco.

Cristina Acidini, presidente dell’Accademia delle Arti del Disegno, sottolinea come “grazie a questi restauri Cosimo Rosselli torna a godere dell’attenzione che merita un protagonista dell’Arte rinascimentale fiorentina, che ebbe l’apprezzamento di grandi contemporanei come Lorenzo il Magnifico e Sisto IV; nella sua bottega operosa si formò un eccentrico genio della pittura quale fu Piero di Cosimo”.

La giornata sarà suddivisa in due sessioni: la mattina dalle 9.30 alle 13 e nel pomeriggio dalle 15 alle 18.30 nella Sala delle Adunanze del Palazzo dell’Arte dei Beccai, in via Orsanmichele a Firenze. Tra i relatori ci sarà Antonio Paolucci che parlerà de “I ‘quattrocentisti’ nella Cappella Sistina”; Gioia Germani che si soffermerà sui risultati de “Il restauro della Vestizione religiosa di San Filippo Benizi nel Chiostrino dei Voti della Santissima Annunziata”; Lidia Cinelli incentrerà il suo intervento su “Il restauro della Cappella del Miracolo del SS. Sacramento in Sant’Ambrogio”; Daniela Parenti e Sandra Pucci presenteranno “Il restauro della Sacra Conversazione nella Galleria degli Uffizi”. Nella sessione pomeridiana seguiranno gli interventi di Nicoletta Pons su “Nuove osservazioni su una pala frammentaria di Cosimo Rosselli”; Annamaria Bernacchioni in merito a “Cosimo Rosselli a Sant’Ambrogio e una proposta per il Graffione”; concluderà Timothy Verdon con “Cosimo Rosselli, L’ultima Cena nella Cappella Sistina”. 

L’incontro dell’Accademia delle Arti del Disegno è promosso in collaborazione con l’Ufficio Diocesano per l’Arte Sacra e la Fondazione Friends of Florence su proposta dell’Accademico Comandante Niccolò Rosselli del Turco, discendente di Cosimo Rosselli. 

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Un’inedito Kerouac pittore in mostra al MA*GA di Gallarate

Jack Kerouac e Fernanda Pivano

La rassegna, a cura di  Sandrina Bandera, Alessandro Castiglioni ed Emma Zanella, presenterà un nucleo di 80 dipinti e disegni di questa icona letteraria del  XX secolo, rivelando una passione artistica poco nota ai più

VARESE – Kerouac. Beat Painting è il titolo della mostra, che dal 3 dicembre, al MA*GA di Gallarate, svelerà un aspetto piuttosto inedito del padre della Beat Generation. Jack Kerouac, infatti, durante la sua tumultuosa esistenza fu anche un pittore. 

Un Kerouac dunque sorprendente. Lo scrittore infatti, insieme a Ginsberg, Owen, Ferlinghetti, fu principalmente uno dei pilastri della cultura Beat, una nuova etica antiborghese, che andò a scalfire i saldi valori della società statunitense ed europea, e che trovò pieno sfogo nel movimento pacifista Hippie alla fine degli anni ’60, culminato nella‘tre giorni di pace e musica rock’ di Woodstock. 

La mostra analizzerà, attraverso diverse sezioni, il labirintico processo creativo dell’artista, evidenziando anche le sue relazioni con la tradizione della cultura visiva americana, con gli altri autori del movimento Beat, da Allen Ginsberg a William Borroughs e con i maestri della pittura informale e della Scuola di New York che Kerouac iniziò a frequentare dalla seconda metà degli anni cinquanta del secolo scorso. Il percorso espositivo si articola in un intreccio di vita e arte, dove spiccano una serie di personaggi ritratti da Kerouac, che vanno da Joan Crawford, Truman Capote, Dody Muller, il Cardinal Montini fino ai pilastri della cultura beat come Robert Frank a William S. Burroughs. Non mancano i riferimenti alle relazioni tra Kerouac e l’Italia, grazie ad una selezione di fotografiescattate da Robert Frank e da Ettore Sottsass alla moglie Fernanda Pivano, ad Allen Ginsberg e allo stesso Kerouac. 

La mostra è ulteriormente arricchita da una sezione video con l’intervista di Fernanda Pivano a Jack Kerouac, concessa da Rai Teche e di Pull My Daisy (1964), il cortometraggio (30 min.) sceneggiato da Kerouac, diretto da Robert Frank e Alfred Leslie, e recitato da alcuni protagonisti della Beat Generation, quali Allen Ginsberg e Gregory Corso. 

L’esposizione è corredata da un volume, edito da Skira, che rilegge in modo complessivo l’opera pittorica di Kerouac, dove vengono indagate le relazioni con la storia dell’arte europea nel percorso di formazione dell’artista, l’importanza della dimensione del sacro, i rapporti con la cultura italiana e la contemporaneità, la cultura artistica a New York tra la fine degli anni cinquanta e l’inizio dei sessanta, dall’espressionismo astratto al jazz. Completa la pubblicazione, una testimonianza di Arnaldo Pomodoro sulla Beat Generation raccolta da Ada Masoero e una biografia ragionata di Jack Kerouac messa in parallelo ai grandi eventi storici e culturali che coinvolsero e sconvolsero gli Stati Uniti e l’Europa di Stefania Benini, della Saint Joseph’s University, Philadelphia.

Vademecum

KEROUAC. BEAT PAINTING
Gallarate, Museo MA*GA
3 dicembre 2017 – 22 aprile 2018
Inaugurazione: sabato 2 dicembre ore 18.30
Museo MA*GA
Gallarate, Via E. de Magri 1
Tel. +39 0331 706011
www.museomaga.it

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Ebbene sì, c’è una cattedrale nel deserto

Abu Dhabi (Emirati Arabi Uniti). L’attesa è stata lunga. Dopo ripetuti rinvii e rallentamenti, il Louvre Abu Dhabi aprirà finalmente l’11 novembre, dieci anni dopo l’avvio della collaborazione tra Parigi e gli Emirati Arabi. L’accordo firmato nel marzo 2007 include la cessione del «marchio» Louvre per 30 anni e 6 mesi, il prestito per 10 anni di opere da 13 musei francesi, tra cui la Reggia di Versailles, il Centre Pompidou, i musei d’Orsay, Guimet, Rodin, e l’invio di esperti per l’organizzazione di mostre temporanee per 15 anni. Valore dell’operazione: un miliardo di euro. Per la prima volta, il 22 settembre scorso, i responsabili di tutti i musei francesi che partecipano al progetto sono stati riuniti, insieme alla stampa internazionale, nell’auditorium del Louvre: «Gli Emirati hanno fatto la scelta della cultura e del savoir faire della Francia. Dobbiamo esserne fieri, ha osservato Jean-Luc Martinez, direttore del museo parigino. Questa è anche l’occasione di ripensare il concetto di universalità, un’idea nata nel secolo dei Lumi e che ha senso ancora oggi».Il Louvre Abu Dhabi è il primo museo «universale» del mondo arabo: «Un messaggio di tolleranza e dialogo perché pensiamo che la cultura renda il mondo migliore», ha detto Mohamed Khalifa Al Mubarak, presidente della Abu Dhabi Tourism & Culture Authority, insistendo sulla stabilità e la modernità del suo Paese. La dimensione politica dell’evento sarà sottolineata dalla presenza all’inaugurazione di un’importante delegazione francese e del presidente Emmanuel Macron. Sarà «una tappa essenziale nello sviluppo della cooperazione tra gli Emirati Arabi Uniti e la Francia», per la ministra della Cultura, Françoise Nyssen.Il grandioso edificio di 96mila metri quadrati, con 8.600 metri quadrati di gallerie, progettato dall’archistar Jean Nouvel e «che sembra galleggiare sull’acqua», secondo Manuel Rabaté, direttore del nuovo museo, sorge sull’isola di Saadiyat («felicità»), dove si trova già una sede della New York University e dove apriranno a termine anche un Guggenheim progettato da Frank Gehry e il Museo nazionale Zayed progettato da Norman Foster.Ispirandosi alle medine arabe, Nouvel ha disegnato una città-museo di 55 edifici bianchi sovrastata da un’immensa cupola argentata di 180 metri di diametro. Sotto il tetto di quasi 8mila stelle metalliche, che si formano dalla concatenazione di otto strati d’acciaio, l’architetto promette una spettacolare «piogga di luce» e un «microclima» con una temperatura di 4-5 gradi in meno rispetto all’esterno. Il Louvre Abu Dhabi presenterà più di 600 opere d’arte, dall’antichità ad oggi, di cui 300 provenienti dai prestiti dei musei francesi. Da Parigi stanno partendo un po’ alla volta alcuni capolavori: «La Belle Ferronnière» di Leonardo dal Louvre, l’«Autoritratto» di Van Gogh dal Musée d’Orsay, un Globo di Coronelli dalla Bibliothèque Nationale de France, il «Bonaparte franchissant les Alpes» di Jacques-Louis David da Versailles, una «Donna in piedi» di Giacometti dal Centre Pompidou e l’«Apollo del Belvedere» del Primaticcio dal Castello di Fontainebleau.Articoli correlati:Abu Dhabi, l’11 novembre apre «il Louvre delle sabbie»Jean Nouvel: «Una commovente relazione tra luce e acqua»Un museo di accettazione e comprensioneManuel Rabaté: «Sarà il Museo Nazionale degli Emirati»Ecco i primi capolavori del Louvre di Abu Dhabi

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Palazzo Pitti celebra con una grande mostra Leopoldo de’ Medici “principe dei collezionisti”

Justus Suttermans, Leopoldo de’ Medici bambino a cavallo (1624-1625 circa; olio su tela; Benešov, Castello di Konopiště - particolare

In occasione del quarto centenario della nascita del cardinale, l’esposizione rievoca la sua natura poliedrica che spicca nel panorama del collezionismo europeo per la vastità dei suoi interessi e la varietà delle opere raccolte

FIRENZE – Palazzo Pitti ospita, a partire dal 7 novembre, nelle prestigiose sale di rappresentanza del Tesoro dei Granduchi, una grande mostra dedicata al “principe dei collezionisti”, ovvero Leopoldo de’ Medici, figlio del granduca Cosimo II e dell’arciduchessa Maria Maddalena d’Austria, divenuto cardinale all’età di cinquant’anni. 

Grande figura di erudito, amante dell’arte e della cultura, Leopoldo si servì di abilissimi agenti, mercanti e segretari italiani e stranieri, per radunare esemplari eccellenti e raffinati di  sculture antiche e moderne, monete, medaglie, cammei, dipinti, disegni e incisioni, avori, pietre dure e oggetti preziosi, ritratti di piccolo e grande formato, libri, strumenti scientifici e rarità naturali. Alla sua morte, avvenuta nel 1675, l’inestimabile nucleo di opere, fu destinato, per volontà del nipote, il granduca Cosimo III, alla Galleria degli Uffizi. 

In occasione dunque del quarto centenario della nascita di Leopoldo, viene celebrata la figura di questo cardinale con l’esposizione dal titolo  Leopoldo de’ Medici, principe dei collezionisti, in grado di rievocare la sua natura poliedrica e la sua totale passione per l’arte. In mostra, insieme a pitture , sculture e miniature che lo raffigurano nel trascorrere del tempo, sono esposti gli esempi più significativi del suo gusto nei diversi campi in cui esercitò l’azione di conoscitore.

Eike Schmidt, direttore degli Uffizi, presentando la mostra, ha ricordato: “Leopoldo è stato uno dei più voraci collezionisti non solo nella storia di Firenze e dei Medici, ma d’Europa; il cardinale era dominato da una passione totale per l’arte. Lo guidava negli acquisti la sua genialità visionaria, che lo portò ad esplorare – e ad accaparrarsi – interi nuovi continenti nella materia collezionistica, e a disporne con finissimo intuito museologico. Si deve a lui, ad esempio, il primo nucleo della raccolta degli autoritratti, ancor oggi unica al mondo per genere e ampiezza”

La mostra, a cura di Valentina Conticelli, Riccardo Gennaioli, Maria Sframeli, sarà visitabile fino al 28 gennaio 2018. 

www.uffizi.it

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Torino. Conclusa FLAT, la fiera dedicata al libro d’artista. Ecco i numeri della prima edizione

FLAT - fiera libro arte Torino, Palazzo Cisterna. Ph Andrea Guermani.

Il nuovo appuntamento internazionale, ideato da Chiara Caroppo, Beatrice Merz, Mario Petriccione, che si è svolto presso Palazzo Cisterna, è terminato domenica 5 novembre con 3.037 ingressi complessivi in 3 giorni di apertura

TORINO – La prima edizione di FLAT, la fiera dedicata al libro d’artista e all’arte contemporanea, ha visto la partecipazione di 40 Espositori provenienti da 12 Paesi ed è stata inoltre affiancata da un programma culturale comprendente 2 mostre e da 15 incontri  con 25 relatori provenienti da tutto il mondo.
Le presenze stampa sono state 220 di cui il 25% di giornalisti esteri. I canali social hanno raggiunto 105.000 persone su Facebook, oltre 30.000 su Instagram mentre su Twitter l’hashtag #FlatArtBookFair è stato condiviso 392 volte generando 163.000 impression. La pagina Facebook ha trasmesso in diretta live 3 appuntamenti al giorno. Su Twitter e Instagram sono stati presentati espositori, libri, mostre, programma, pubblicando una media di 30 contenuti al giorno.

Nel frattempo prosegue a Palazzo Birago la mostra, Ettore Sottsass. Le pagine, a cura di Elena Volpato, che sarà aperta sino al 12 novembre (Via Carlo Alberto 16, ingresso libero).

Grazie alla Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT sono stati acquisiti 26 libri d’artista pari a un valore commerciale di 22.000 euro – che entrano a fare parte del Fondo Giorgio Maffei presso la GAM Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino. La prima edizione del Premio FLAT- Fondazione Arte CRT è stato assegnato al progetto editoriale proposto da Hammann von Mier Verlag di Monaco (collaborazione tra le artiste Stefanie Hammann e Maria von Mier) per Form your Character!, che verrà realizzato il prossimo anno.

FLAT tornerà a Torino nel 2018 durante la settimana dell’arte

 

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L’Italia vuole tassare i venditori occasionali di arte

Roma. La fiscalità delle plusvalenze da cessioni di opere d’arte ha rischiato di subire una profonda e gravosa modifica ad opera del disegno di legge di bilancio 2018. La bozza inizialmente esaminata dal Consiglio dei Ministri prevedeva infatti una disciplina ad hoc che non è stata poi recepita nella versione all’esame del Parlamento.La proposta legislativa si innesta in un quadro normativo in cui, allo stato attuale, le plusvalenze in esame scontano l’Irpef solo se derivanti dall’esercizio di una «attività commerciale non esercitata abitualmente» (art. 67, comma 1, lett. i) del Testo Unico sulle imposte sui redditi, Tuir). Secondo l’interpretazione maggiormente condivisibile, con l’eccezione delle cessioni operate da speculatori e mercanti d’arte, le plusvalenze originate dai collezionisti privati non sono di regola soggette all’Irpef.La modifica in esame prevedeva, invece, che la nozione di redditi derivanti da attività commerciali non abituali ricomprenderebbe tutti i proventi relativi alla cessione di «oggetti d’arte, di antiquariato o da collezione (…) nonché, più in generale, di opere dell’ingegno di carattere creativo appartenenti alle arti figurative». Le uniche ipotesi escluse da tassazione sarebbero state quelle in cui i corrispettivi realizzati nell’anno fossero inferiori a 10mila euro l’anno oppure la permuta delle opere senza conguagli in denaro.La disposizione era costruita come «interpretativa», con l’effetto di tassare anche le cessioni anteriori alla sua entrata in vigore (purché ancora accertabili). Per le annualità pregresse la proposta prevedeva anche la possibilità di beneficiare delle sanzioni ridotte a 1/8 laddove si fosse regolarizzata la posizione versando imposte in misura piena e interessi entro il 30 giugno 2018.La base imponibile su cui applicare il prelievo era costituita dalla differenza tra il corrispettivo percepito, al netto della commissione pagata alla casa d’asta o a ogni altro intermediario professionale, e il costo di acquisto aumentato delle spese inerenti, tra cui erano espressamente ricomprese le spese assicurative e di restauro, custodia e conservazione. In alternativa alla ricostruzione analitica del reddito originato dalle cessioni era possibile optare per una tassazione forfettaria del 40% del corrispettivo.Si auspica che nel corso dell’iter parlamentare la norma non venga reintrodotta in quanto solleva diverse criticità.In primo luogo, nonostante fosse qualificata norma «interpretativa», essa rivestiva in realtà carattere innovativo, con la conseguenza che sarebbe stata legittimamente applicabile solamente per le annualità successive a quella di entrata in vigore, pena la sua incostituzionalità. Il carattere fittiziamente interpretativo è dimostrato ad esempio dalla circostanza che venissero considerate tassabili una serie di fattispecie pacificamente escluse da imposizione secondo la stessa prassi dell’Agenzia delle Entrate in quanto mere dismissioni patrimoniali (ad esempio cessione di opere ricevute per successione o donazione).Inoltre, a differenza di quanto previsto per le cessioni di opere d’arte in Francia e per altre tipologie di plusvalenze da cessione di beni patrimoniali in Italia (ad esempio terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria) non erano previsti meccanismi di riduzione della base imponibile in proporzione del periodo di detenzione dei beni.A ciò va aggiunto che, a differenza di quanto avviene per le stesse cessioni di opere d’arte in Germania e per la cessioni di fabbricati in Italia, non si prevedevano ipotesi di esenzione in caso di detenzione del bene oltre un certo periodo di tempo (rispettivamente un anno e cinque anni).La disposizione era inoltre in controtendenza con le norme approvate con la legge 4 agosto 2017 n. 124 (Legge annuale per il mercato e la concorrenza), il cui articolo 1, commi 175 e 176 ha introdotto una cauta liberalizzazione nella circolazione internazionale di opere d’arte.In particolare, le citate norme (entrate in vigore il 29 agosto 2017) prevedono che per le opere realizzate da artisti non più viventi da meno di 70 anni non occorra più un attestato di libera circolazione per l’uscita definitiva dal territorio nazionale, essendo sufficiente una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà (autocertificazione), ferma restando comunque la facoltà dello Stato di vincolare le opere realizzate nell’arco temporale tra 50 e 70 anni, nel caso in cui rivestano un «eccezionale interesse» per la completezza e l’integrità del patrimonio culturale della Nazione. Inoltre, per le opere realizzate da più di 70 anni è prevista l’esenzione dal requisito dell’attestato qualora abbiano un valore inferiore a 13.500 euro (sempre autocertificato dall’interessato).Se queste norme sono state accolte con favore dai collezionisti italiani (pur nell’incertezza della loro immediata interpretazione da parte degli Uffici Esportazione) in quanto consentono una maggiore libertà di circolazione (e quindi di fruizione) soprattutto dell’arte italiana del dopoguerra, è evidente che se fosse approvato il regime di tassazione sopra descritto gli stessi collezionisti (e il mercato dell’arte in genere) sarebbero pesantemente penalizzati e disincentivati a costituire, arricchire o anche semplicemente mantenere collezioni d’arte.Marco Cerrato, Maisto & Associati, PartnerGiuseppe Calabi, CBM & Partners, Partner(Il testo è la versione aggiornata dell’articolo pubblicato nel n. 380, novembre 2017, di «Il Giornale dell’Arte», p. 6).Articoli correlati:Perché le critiche non sono condivisibili

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