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Museo Egizio di Torino. Gioca e impara con i LEGO sulle sponde del Nilo

Museo Egizio di Torino. Gioca e impara con i LEGO sulle sponde del Nilo

Sabato 21 e domenica 22 ottobre l’attività organizzata in collaborazione con Bricks4Kidz, guiderà i visitatori alla scoperta della terra dei faraoni 

TORINO –  Gioca e impara con i LEGO sulle sponde del Nilo è il titolo della visita guidata che accoglierà i piccoli visitatori e le loro famiglie sabato 21 e domenica 22 ottobre, alle ore 10.10, presso il Museo Egizio.

Durante l’attività gli educatori di Bricks4Kidz – che da anni si pone l’obiettivo di insegnare le materie S.T.E.M. (Scienze, Tecnologia, Ingegneria, Matematica) attraverso l’utilizzo di mattoncini  LEGO – metteranno a disposizione dei set di con i quali i bambini, collaborando con i genitori, potranno costruire i modelli proposti durante il laboratorio e riprodurre gli animali e i personaggi che popolavano la rive del Nilo, conosciuti durante la visita guidata.

La collaborazione con il team di Bricks4Kidz nasce dalla volontà di avvicinare la scienza all’ambito della cultura umanistica, entrambe molto care al Museo e al suo Direttore, coerentemente anche con il ruolo che le conoscenze astronomiche e matematiche rivestirono nell’antico Egitto.

Un’esperienza tutta da scoprire, che vede grandi e piccini coinvolti nella costruzione di semplici e colorati modelli, alcuni dei quali motorizzati, che si ispirano alle storie e ai personaggi incontrati lungo il percorso espositivo.

Vademecum

Gioca e impara con i LEGO sulle sponde del Nilo
Pubblico: famiglie con bambini 4-12 anni (verranno messi a disposizione modelli con difficoltà differenti, per rispondere alle diverse abilità manuali)
Data e orari: sabato 21 e domenica 22 ottobre, ore 10:10
Durata: 90 min. di visita guidata + 60 min. di laboratorio
Prezzo al pubblico: € 13,00 (biglietto di ingresso escluso)
Prenotazione obbligatoria: dal lunedì al venerdì, 8:30 – 19:00; sabato, 9:00 – 13:00.
Telefono: 011 4406903 – mail: info@museitorino.it
 

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Le case delle donne

Parigi. Un omaggio alla femminilità e, perché no, al femminismo. La mostra «Women House» che si è appena aperta alla Monnaie de Paris e si tiene fino al 28 gennaio, espone i lavori di 39 artiste che con rabbia o ironia esprimono il loro modo di percepire lo spazio domestico. «Lo spunto è stata la mostra "Woman house" che Miriam Schapiro e Judy Chicago, cofondatrici del Feminist Art Program del California Institut of Arts, organizzarono nel 1972. Una delle installazioni d’arte femminista più importanti di sempre, spiega Lucia Pesapane, che ha curato la mostra insieme a Camille Morineau, direttrice delle collezioni dell’istituzione all’11 quai de Conti. Le artiste avevano all’epoca una visione molto politica della questione spazio domestico e ruolo della donna. Da allora ad oggi molte conquiste sono state fatte. La nostra mostra, "Women House", che abbiamo messo al plurale, vuole mostrare l’evoluzione e la diversità dei punti di vista delle artiste sullo spazio-casa e sui rapporti tra domesticità e corpo della donna. Le problematiche sono cambiate ma questo resta un tema centrale nella loro riflessione». Per le artiste degli anni Settanta la casa è prigione e gabbia. Birgit Jürgenssen si fotografa con le mani e il viso premuti contro un vetro e la scritta «Ich möchte hier raus!», «Fatemi uscire da qui!». Lydia Schouten, vestita con una calzamaglia bianca, si filma mentre si muove chiusa dentro lo spazio stretto di una gabbia come un animale. Casa e donna sono una cosa sola, l’una la continuità dell’altra, nelle foto dell’americana Francesca Woodman. In una, il corpo della donna contro il muro si veste con la carta da parati strappata. Lo scriveva Virginia Woolf nel 1929: «Le donne sono rimaste talmente sedute nelle loro case per milioni di anni che i muri stessi si sono impregnati della loro forza creatrice».Oggi la casa per le donne artiste «liberate» è diventata rifugio, luogo di creazione. Nei lavori di alcune artiste contemporanee la percezione dello spazio domestico si lega a tematiche di grande attualità. Come nelle foto di Zanele Muholi sulla comunità lesbica in Sudafrica. Per le donne che si amano, e alle quali è vietato mostrarsi insieme in pubblico, la casa è il solo spazio dove poter esprimere liberamente la propria intimità. Nei lavori sulla mobile-home di Andrea Zittel si riflette la questione delle attuali migrazioni. Nell’ultima sala è esposto il ragno gigante, «Spider», di Louise Bourgeois, immagine della donna-madre protettrice, col ventre carico di uova visto come un riparo. Il percorso però continua all’esterno, nei cortili appena restaurati del palazzo sulla Senna, ex Zecca dello Stato, dove, dopo sei anni di lavori, è stato di recente aperto il museo. Nei cortili sono allestite la monumentale Nanà-casa di Niki di Saint Phalle e «La Teiera» di Joana Vasconcelos, in cui il visitatore può entrare, sedersi, chiudere gli occhi e sognare. E «Hair Saloon» in tessuto e gusci di uova, su cui si può camminare, della cinese Shen Yuan. Tutte opere che sono grida di denuncia e, al tempo stesso, splendidi momenti di poesia.Dopo Parigi la mostra volerà a Washington, dove a partire dall’8 marzo sarà allestita al National Museum of Women in the Arts.

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Monet al Complesso del Vittoriano. Foto

Foto Iskra Coronelli 2017 per Arthemisia

Il corpus di opere presentate nella grande retrospettiva, a cura di Marianne Mathieu, organizzata dal Gruppo Arthemisia in collaborazione con il Musée Marmottan Monet di Parigi, restituisce perfettamente la ricchezza artistica del lavoro del grande maestro

ROMA – E’ un Monet totale, a 360 gradi, quello che viene presentato nella mostra “Monet. Capolavori dal Musée Marmottan Monet”, ospitata al Complesso del Vittoriano, Ala Brasini, che attraversa tutta la vita del grande pittore cogliendo sia l’aspetto più privato che quello più noto e amato dal grande pubblico. 

60 opere ricostruiscono dunque l’intero universo creativo, con tutte le molteplici sfaccettature, del padre dell’Impressionismo, che con la sua arte seppe tuttavia andare ben oltre, arrivando a una inquietante modernità quasi precorritrice dell’astrattismo.

Il corpus di opere presentate nella grande retrospettiva, a cura di Marianne Mathieu, organizzata dal Gruppo Arthemisia in collaborazione con il Musée Marmottan Monet di Parigi, restituisce perfettamente la ricchezza artistica del lavoro del grande maestro. Di sala in sala si passa dalle primissime opere, tra cui le caricature della fine degli anni ’50 dell’800, ai paesaggi rurali e urbani di Londra, Parigi, Vétheuil, Pourville, ai ritratti che comprendono anche quelli dei suoi figli, fino ad arrivare alle celebri tele dedicate ai fiori del suo giardino e alle monumentali deflagranti e audaci Ninfee, dove il colore scomposto in migliaia di sfumature diventa superficie vibrante, in cui la luminosità emerge con risolutezza sempre maggiore. 

Monet fu uno dei primi pittori a trasferire il proprio studio all’aperto, trasformando la pittura en plein air in rituale di vita, senza mediazione alcuna. Tra la luce assoluta e la pioggia fitta, tra le minime variazioni atmosferiche e l’impero del sole, tramutava i colori in tocchi purissimi di energia, dissolvendo l’unità razionale della natura in un flusso indistinto, effimero eppure abbagliante.

Scriveva di lui Maupassant: “L’ho visto cogliere così un barbaglio di luce su una roccia bianca e registrarlo con un fiotto di pennellate gialle che, stranamente, rendevano l’effetto improvviso e fuggevole di quel rapido e inafferrabile bagliore. Un’altra volta ha preso a piene mani uno scroscio d’acqua abbattutosi sul mare e lo ha gettato rapidamente sulla tela. Ed era proprio la pioggia che era riuscito a dipingere, nient’altro che della pioggia che velava le onde, le rocce e il cielo, appena distinguibili sotto quel diluvio”.

Tra i capolavori esposti troviamo tra gli altri Ritratto di Michel Monet neonato (1878-79), Ninfee (1916-1919), Le Rose (1925-1926), Londra. Il Parlamento. Riflessi sul Tamigi (1905). 

Ma non è tutto. La rassegna presenta infatti anche la  ri-materializzazione di una delle celebri Ninfee. Nel 1958 un tragico incendio all’interno del Museum of Modern Art di New York danneggiò gravemente diverse opere, tra cui alcuni dipinti del maestro impressionista, andati perduti per sempre. Con un progetto unico e ambizioso e grazie alle più recenti tecnologie, Sky Arte HD ha riportato alla luce uno dei capolavori distrutti nel rogo, Water Lilies (1914-26), esposto per la prima volta al pubblico.

La mostra, aperta al pubblico fino all’11 febbraio 2018, è affiancata da un catalogo edito da Arthemisia Books.

Foto allestimento di Iskra Coronelli per Arthemisia

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Foto delle opere 

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Foto dell’inaugurazione

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Vademecum

Monet. Capolavori dal Musée Marmottan Monet
19 ottobre 2017 – 11 febbraio 2018
Biglietti
Intero € 15,00 (audioguida inclusa)
Ridotto € 13,00 (audioguida inclusa)
Orario apertura
Dal lunedì al giovedì 9.30 – 19.30
Venerdì e sabato 9.30 – 22.00
Domenica 9.30 – 20.30
(la biglietteria chiude un’ora prima)
Informazioni e prenotazioni gruppi
T. + 39 06 8715111
Hashtag ufficiale #MostraMonet

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Monet al Complesso del Vittoriano. Foto

Foto Iskra Coronelli 2017 per Arthemisia

Il corpus di opere presentate nella grande retrospettiva, a cura di Marianne Mathieu, organizzata dal Gruppo Arthemisia in collaborazione con il Musée Marmottan Monet di Parigi, restituisce perfettamente la ricchezza artistica del lavoro del grande maestro

ROMA – E’ un Monet totale, a 360 gradi, quello che viene presentato nella mostra “Monet. Capolavori dal Musée Marmottan Monet”, ospitata al Complesso del Vittoriano, Ala Brasini, che attraversa tutta la vita del grande pittore cogliendo sia l’aspetto più privato che quello più noto e amato dal grande pubblico. 

60 opere ricostruiscono dunque l’intero universo creativo, con tutte le molteplici sfaccettature, del padre dell’Impressionismo, che con la sua arte seppe tuttavia andare ben oltre, arrivando a una inquietante modernità quasi precorritrice dell’astrattismo.

Il corpus di opere presentate nella grande retrospettiva, a cura di Marianne Mathieu, organizzata dal Gruppo Arthemisia in collaborazione con il Musée Marmottan Monet di Parigi, restituisce perfettamente la ricchezza artistica del lavoro del grande maestro. Di sala in sala si passa dalle primissime opere, tra cui le caricature della fine degli anni ’50 dell’800, ai paesaggi rurali e urbani di Londra, Parigi, Vétheuil, Pourville, ai ritratti che comprendono anche quelli dei suoi figli, fino ad arrivare alle celebri tele dedicate ai fiori del suo giardino e alle monumentali deflagranti e audaci Ninfee, dove il colore scomposto in migliaia di sfumature diventa superficie vibrante, in cui la luminosità emerge con risolutezza sempre maggiore. 

Monet fu uno dei primi pittori a trasferire il proprio studio all’aperto, trasformando la pittura en plein air in rituale di vita, senza mediazione alcuna. Tra la luce assoluta e la pioggia fitta, tra le minime variazioni atmosferiche e l’impero del sole, tramutava i colori in tocchi purissimi di energia, dissolvendo l’unità razionale della natura in un flusso indistinto, effimero eppure abbagliante.

Scriveva di lui Maupassant: “L’ho visto cogliere così un barbaglio di luce su una roccia bianca e registrarlo con un fiotto di pennellate gialle che, stranamente, rendevano l’effetto improvviso e fuggevole di quel rapido e inafferrabile bagliore. Un’altra volta ha preso a piene mani uno scroscio d’acqua abbattutosi sul mare e lo ha gettato rapidamente sulla tela. Ed era proprio la pioggia che era riuscito a dipingere, nient’altro che della pioggia che velava le onde, le rocce e il cielo, appena distinguibili sotto quel diluvio”.

Tra i capolavori esposti troviamo tra gli altri Ritratto di Michel Monet neonato (1878-79), Ninfee (1916-1919), Le Rose (1925-1926), Londra. Il Parlamento. Riflessi sul Tamigi (1905). 

Ma non è tutto. La rassegna presenta infatti anche la  ri-materializzazione di una delle celebri Ninfee. Nel 1958 un tragico incendio all’interno del Museum of Modern Art di New York danneggiò gravemente diverse opere, tra cui alcuni dipinti del maestro impressionista, andati perduti per sempre. Con un progetto unico e ambizioso e grazie alle più recenti tecnologie, Sky Arte HD ha riportato alla luce uno dei capolavori distrutti nel rogo, Water Lilies (1914-26), esposto per la prima volta al pubblico.

La mostra, aperta al pubblico fino all’11 febbraio 2018, è affiancata da un catalogo edito da Arthemisia Books.

Foto allestimento di Iskra Coronelli per Arthemisia

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Foto delle opere 

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Foto dell’inaugurazione

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Vademecum

Monet. Capolavori dal Musée Marmottan Monet
19 ottobre 2017 – 11 febbraio 2018
Biglietti
Intero € 15,00 (audioguida inclusa)
Ridotto € 13,00 (audioguida inclusa)
Orario apertura
Dal lunedì al giovedì 9.30 – 19.30
Venerdì e sabato 9.30 – 22.00
Domenica 9.30 – 20.30
(la biglietteria chiude un’ora prima)
Informazioni e prenotazioni gruppi
T. + 39 06 8715111
Hashtag ufficiale #MostraMonet

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Firenze. Cade un capitello nella Basilica di Santa Croce, muore un turista

Firenze. Cade un capitello nella Basilica di Santa Croce, muore un turista

L’elemento architettonico sarebbe caduto da 30 metri di altezza e a nulla sono valsi i tentativi del 118 di salvare l’uomo che era in visita alla chiesa 

FIRENZE –  Un grosso frammento di capitello si è staccato dalla sommità di una colonna di un transetto della Basilica di Santa Croce colpendo un turista spagnolo di 52 anni. L’uomo che stava visitando, insieme alla moglie la chiesa, è morto, inutili infatti i tentativi del 118 di salvarlo. L’elemento architettonico sarebbe caduto da 30 metri di altezza. La tragedia è avvenuta nel pomeriggio. Sul posto presenti polizia e vigili del fuoco per gli accertamenti di rito. La Basilica è stata nel frattempo chiusa ai turisti. 

La Basilica di Santa Croce, situata nell’omonima piazza, è una delle più grandi chiese francescane, luogo di sepoltura di alcuni dei più illustri personaggi italiani, come Michelangelo Buonarroti, Galileo Galilei, Niccolò Machiavelli, Vittorio Alfieri, Ugo Foscolo, Gioacchino Rossini, ed è per questo motivo nota come il Tempio dell’Itale Glorie. Pur essendo una chiesa cattolica ospita la sepoltura anche di persone non credenti, tra cui lo stesso Foscolo. 

Simbolo prestigioso del capoluogo toscano fu luogo di incontro dei più grandi artisti, teologi, religiosi, letterati, umanisti e politici, che determinarono, nella buona e cattiva sorte, l’identità della città tardo-medievale e rinascimentale. 

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Firenze. Cade un capitello nella Basilica di Santa Croce, muore un turista

Firenze. Cade un capitello nella Basilica di Santa Croce, muore un turista

L’elemento architettonico sarebbe caduto da 30 metri di altezza e a nulla sono valsi i tentativi del 118 di salvare l’uomo che era in visita alla chiesa 

FIRENZE –  Un grosso frammento di capitello si è staccato dalla sommità di una colonna di un transetto della Basilica di Santa Croce colpendo un turista spagnolo di 52 anni. L’uomo che stava visitando, insieme alla moglie la chiesa, è morto, inutili infatti i tentativi del 118 di salvarlo. L’elemento architettonico sarebbe caduto da 30 metri di altezza. La tragedia è avvenuta nel pomeriggio. Sul posto presenti polizia e vigili del fuoco per gli accertamenti di rito. La Basilica è stata nel frattempo chiusa ai turisti. 

La Basilica di Santa Croce, situata nell’omonima piazza, è una delle più grandi chiese francescane, luogo di sepoltura di alcuni dei più illustri personaggi italiani, come Michelangelo Buonarroti, Galileo Galilei, Niccolò Machiavelli, Vittorio Alfieri, Ugo Foscolo, Gioacchino Rossini, ed è per questo motivo nota come il Tempio dell’Itale Glorie. Pur essendo una chiesa cattolica ospita la sepoltura anche di persone non credenti, tra cui lo stesso Foscolo. 

Simbolo prestigioso del capoluogo toscano fu luogo di incontro dei più grandi artisti, teologi, religiosi, letterati, umanisti e politici, che determinarono, nella buona e cattiva sorte, l’identità della città tardo-medievale e rinascimentale. 

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CArt Gallery di Roma, la mostra dedicata a Crepax e all’iconica Valentina

CArt Gallery di Roma, la mostra dedicata a Crepax e all'iconica Valentina

40 tavole originali permettono di far rivivere il mito della  splendida Valentina Rosselli, il personaggio probabilmente più amato fra quelli creati dalla raffinatissima arte dal Maestro milanese

ROMA – C’è tempo ancora qualche giorno per visitare la mostra di Guido Crepax “Valentina vent’anni dopo” presso la CArt Gallery, in Via del Gesù 61 a Roma. E’ la terza volta che la galleria ospita una rassegna dedicata a questa eroina sexy, simbolo di trasgressione e libertà; nel 2013  è stata presentata l’esposizione “Ciak: Valentina”, mentre nel 2014 “Valentina e il Romanzo Erotico”.

Valentina è una donna indipendente, padrona di se simbolo di femminismo e femminilità allo stesso tempo, icona inconfondibile col suo inimitabile “bob”, il caschetto geometrico che le incornicia il volto dall’aria innocente e trasognata, appena tratteggiato dalla matita di Crepax.

Valentina debutta nel 1965 sulle pagine della rivista Linus, ispirata graficamente dall’attrice del cinema muto Louise BrooksE’ probabilmente l’unico personaggio della storia del fumetto italiano di cui si conosce pressoché tutto: dove e quando è nata  (il giorno di Natale del 1942), cosa ha studiato, il suo lavoro (fotografa di moda) dove vive, persino la sua altezza (1,72 cm). Il personaggio vive in un contesto reale, che contempla anche il trascorrere del tempo, quindi cresce e invecchia proprio come una persona “vera”, anche se spesso il realismo che contraddistingue il fummetto, ricco anche di citazioni di storia, arte e stesso fumetto, vira verso situazioni fantastiche e oniriche. 

Le tavole in esposizione alla CArt Gallery permettono dunque di ammirare il personaggio nelle sue avventure più conosciute, a partire dal 1966 fino al 1995.  Vent’anni è appunto il filo conduttore della mostra, nel senso che Tavole più recenti richiamano storie pubblicate vent’anni prima, creando un gioco di collegamenti e rimandi che stuzzicano la curiosità dell’appassionato e contribuiscono a consolidare quel mondo onirico e spesso sensuale ma – comunque – sempre realistico che caratterizza in maniera inequivocabile il mondo della nostra eroina.

La mostra, ad ingresso gratuito, resterà aperta fino a mercoledì 25 ottobre 2017.

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CArt Gallery di Roma, la mostra dedicata a Crepax e all’iconica Valentina

CArt Gallery di Roma, la mostra dedicata a Crepax e all'iconica Valentina

40 tavole originali permettono di far rivivere il mito della  splendida Valentina Rosselli, il personaggio probabilmente più amato fra quelli creati dalla raffinatissima arte dal Maestro milanese

ROMA – C’è tempo ancora qualche giorno per visitare la mostra di Guido Crepax “Valentina vent’anni dopo” presso la CArt Gallery, in Via del Gesù 61 a Roma. E’ la terza volta che la galleria ospita una rassegna dedicata a questa eroina sexy, simbolo di trasgressione e libertà; nel 2013  è stata presentata l’esposizione “Ciak: Valentina”, mentre nel 2014 “Valentina e il Romanzo Erotico”.

Valentina è una donna indipendente, padrona di se simbolo di femminismo e femminilità allo stesso tempo, icona inconfondibile col suo inimitabile “bob”, il caschetto geometrico che le incornicia il volto dall’aria innocente e trasognata, appena tratteggiato dalla matita di Crepax.

Valentina debutta nel 1965 sulle pagine della rivista Linus, ispirata graficamente dall’attrice del cinema muto Louise BrooksE’ probabilmente l’unico personaggio della storia del fumetto italiano di cui si conosce pressoché tutto: dove e quando è nata  (il giorno di Natale del 1942), cosa ha studiato, il suo lavoro (fotografa di moda) dove vive, persino la sua altezza (1,72 cm). Il personaggio vive in un contesto reale, che contempla anche il trascorrere del tempo, quindi cresce e invecchia proprio come una persona “vera”, anche se spesso il realismo che contraddistingue il fumetto, ricco anche di citazioni di storia, arte e fumetto stesso, vira verso situazioni fantastiche e oniriche. 

Le tavole in esposizione alla CArt Gallery permettono dunque di ammirare il personaggio nelle sue avventure più conosciute, a partire dal 1966 fino al 1995.  Vent’anni è appunto il filo conduttore della mostra, nel senso che Tavole più recenti richiamano storie pubblicate vent’anni prima, creando un gioco di collegamenti e rimandi che stuzzicano la curiosità dell’appassionato e contribuiscono a consolidare quel mondo onirico e spesso sensuale ma – comunque – sempre realistico che caratterizza in maniera inequivocabile il mondo della nostra eroina.

La mostra, ad ingresso gratuito, resterà aperta fino a mercoledì 25 ottobre 2017.

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