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MAGMA: la rivolta artistica femminile italo-lituana in mostra all’Istituto Centrale per la Grafica

L'esposizione si inserisce nella rassegna Grafica Femminile Singolare, un complesso di iniziative al femminile dell’Istituto centrale per la grafica, che consente al pubblico di conoscere lo sguardo delle donne, sia esso espressione artistica o lettura critica ROMA - Si chiama MAGMA ed è l’unione tra due termini di “proprietà” femminile: Mama (simbolo della procreazione e protezione) e G (la sessualità). Insieme queste innate qualità della donna hanno generato, nel corso dei secoli, un immaginario collettivo frastagliato ed espressioni diversificate che ne hanno rappresentato la grandezza o, in molti casi, l’inferiorità di genere. Ci è voluto il femminismo per cercare di pareggiare i conti con chi nicchiava o addirittura osteggiava i diritti del gentil sesso, ma la trasmissione del pensiero “debole” ha rinvigorito la propria forza attraverso molteplici forme di linguaggio: il più sintomatico e incisivo è senz’altro quello dell’arte figurativa che ha esposto in prima linea messaggi diretti, significati subliminali e simbologie semantiche e cromatiche che hanno scosso l’altrui pensiero. Chi poteva immaginare che anche in Lituania, fin dalla metà degli anni Sessanta (quindi leggermente in ritardo rispetto a noi), ci si stava attrezzando per questa virtuale lotta dei sessi? Ebbene, a documentarlo è ora una mostra in programma da oggi fino al 2 aprile presso l’Istituto Centrale per la Grafica di Roma, curata da Benedetta Carpi  De Resmini e Laima Kreivyté. Il sottotitolo: “il corpo e la parola nell’arte delle donne tra Italiane Lituania dal 1965 ad oggi” parla chiaro: il percorso espositivo mette in luce questi due elementi come strumenti di lotta per le conquiste politiche e artistiche in corso fino ai nostri giorni, tramite installazioni, video, performance, fotografie, collage realizzati con ritagli di giornali, manifesti e libri esposti che rilevano un concetto di “arte totale” intrisa di prospettive inedite da cui percepire la complementarità di immagine, segno verbale e segno grafico. Un mix di artiste, italiane e lituane, di cui si presentano opere spesso dirette, senza frammenti sovrastrutturali che colpiscono l’occhio e, ovviamente, la morale: tra queste Mirella Bentivoglio, con il letraset+collage su cartoncino “AM”; Suzanne Santoro (il suo ermafrodito in “Black Mirrors” si ispira alle figure arcaiche prepatriarcali narrate nel saggio di Marija Gimbutas “The language of Goddess); Elisa Montessori, con le sue foglie di palma simboliche (“Dafne”) dai simboli reconditi; Tomaso Binga che nell’installazione “Carta da parati”, riprodotta per la prima volta in questa mostra all’interno del ciclo “A vocabulary of her own”, si rifà al tipico neologismo borghese che simboleggiava la donna “carta da parato” nel suo ruolo di brutta statuina senza diritto di parola o possibilità di successo individuale. Altro è la scultura a forma di J (je: io) dentro il letto-riflessione fotografato da Ketty La Rocca ne “Il corpo e il linguaggio”, simbolo del potere femminile in ascesa, o l’agghiacciante video simil-giornalistico  di Chiara Fumai basato sui discorsi anti-uomo di Valerie Solanas improntati sull’ “accidentale incidente” che ha generato la creazione del genere maschile sulla terra, sicuramente un fulgido esempio della provocazione femminista ai massimi termini. Tocchi di blasfemia nell’itinerario a due piani della mostra si ravvisano sicuramente nelle opere “Ecce homo” di Verita Monselles, in cui un altare si trasforma nel posteriore di una donna, negli ombrelli a forma di crocifisso (geniali nell’intuizione!) di Eglé Kuckaité e nell’immagine di un corpo femminile stile “sindone funebre” con una scritta di peli sulle cosce che professa “Don’t die for love”, attacchi differenziati alla Chiesa come simbolo di repressione della donna. C’è poi la sezione di “taglio e cucito” in cui la fantasia si sbizzarrisce sulla biancheria intima con le provocazioni “From lips to lips” (puro riferimento alle labbra genitali aperte al mondo, della stessa Kuckaité), e con le opere di Maria Lai, Eglé Ganda Bogdaniené, Cloti Ricciardi e Amelia Etlinger. Omosessualità e progresso si contaminano alla non evoluzione del perbenismo, scontrandosi con la società di allora ed ora: tra i lavori più originali gli “Stripped Love” di Karla Gruodis, l’”Imperfect Innocence” di Laisvydé Salciuté e il video “Coolturistés”. Omaggio anche a Giosetta Fioroni, presente con “La spiaggia”, in quanto emblema femminile più rappresentativo della scuola artistica di piazza del Popolo. Dulcis in fundo, un video che potrebbe davvero ribaltare i fenomeni di stalkeraggio: si tratta di una ripresa di un uomo a sua insaputa girata da una donna nei parchi, inseguimento esplorativo di Kristina Inciuraite mirato a focalizzare i movimenti maschili per ridurli ad oggetto sotto il suo potere. In sintesi, una esposizione giusta e innovativa come idea, in relazione ai tempi che corrono e in cui si continua ancora a respirare una disomogeneità dei sessi sotto vari aspetti¸eppure – dopo averla percorsa in lungo e in largo, manca la sensazione di un collante che ne costruisca un senso sincronico e temporale e che contestualizzi in maniera incisiva le assonanze, artistiche e sociali, di due Paesi così distanti. Insomma, aria di rivolta, ma senza una rivoluzione precisa… {igallery id=2297|cid=838|pid=1|type=category|children=0|addlinks=0|tags=|limit=0} Vademecum MAGMA. Il corpo e la parola nell’arte delle donne tra Italia e Lituania dal 1965 ad oggiA cura di Benedetta Carpi de Resmini e Laima KreivytėIstituto Centrale per la Grafica Roma, Palazzo Poli, via Poli, 54Dal 26 gennaio al 2 aprile 2018Apertura al pubblico  – ore 14,00 – 19,00 mercoledi – domenica (ultimo ingresso ore 18.30)Ingresso liberoSito ufficiale:http://www.grafica.beniculturali.it/in-evidenza/magma-8789.html   ...

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