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La culla della Maniera moderna

È tornato a nuova vita il ciclo pittorico nel Chiostrino dei Voti, realizzato su disegno di Michelozzo nella Basilica della Santissima Annunziata a Firenze: con le sue dodici lunette affrescate il Chiostrino (detto «dei Voti» perché ospitava gli ex voto prima conservati nell’attiguo Chiostro grande) è considerato la culla della Maniera moderna, per usare le parole di Vasari, preferendole alla più consueta definizione di Manierismo.Sotto la guida di Andrea del Sarto vi operano infatti artisti destinati a grande fama e proprio in quel chiostro si attua il passaggio tra lo stile più armonico di Andrea del Sarto, espresso nelle «Storie di San Filippo Benizzi» (1509), e quello che si manifesta, sempre con Andrea del Sarto tra il 1511 e il 1517, grazie alla presenza dei tre principali fautori di una via più eccentrica e espressiva: il Franciabigio e gli allora giovanissimi Pontormo e Rosso Fiorentino.Il restauro, realizzato grazie al finanziamento di 467mila euro da parte della Fondazione non profit Friends of Florence, è stato eseguito dalle imprese Gioia Germani e S.a.r. di Cristiana Conti e Alessandra Popple, con il patrocinio del Comune di Firenze e l’alta sorveglianza della Soprintendenza. Gli interventi hanno riguardato anche la parte alta del chiostro, dove la decorazione è costituita da un fondo a stemmi, griglie e grottesche eseguiti tra il 1510 e il 1514 da Andrea Feltrino, e da elementi lapidei, colonne, portali, stemmi, il bassorilievo della «Madonna della Neve», attribuito a Luca della Robbia, e il busto di Andrea del Sarto. Poste in un ambiente originariamente aperto, passaggio obbligato per l’accesso alla Basilica, le opere sono state soggette nei secoli a intemperie, infiltrazioni di umidità e bruschi sbalzi termoigrometrici, con il conseguente manifestarsi di fenomeni di solfatazioni, imbianchimenti, distacchi di varia entità, oltre al normale accumulo di materiali incoerenti e depositi superficiali.La soluzione, voluta dal Granduca Leopoldo nel 1833, di chiudere gli intercolunni e quella del 1913 di realizzare la bussola e il lucernario, rimuovendo di conseguenza le imposte di legno e cristalli, non diede risultati stabili. Il deterioramento degli affreschi è dovuto anche in buona parte alle lampade a olio e alle candele poste a corredo degli ex voto (nel 1785 il granduca Pietro Leopoldo ne ordinò la rimozione, per poi farli bruciare in piazza).Se i precedenti restauri, tra cui soprattutto quello di Sante Pacini alla fine del Settecento e quello di Domenico del Podestà nel 1833, non ebbero esiti soddisfacenti, l’intervento più traumatico fu quello avviato nel 1957, affidato al restauratore Dino Dini, che comportò il distacco di tutte le lunette (nonché dei tondi con profeti dipinti da Andrea Feltrino e delle pitture attribuite al Baldovinetti nelle bifore della parte alta). Distacco che avvenne in più fasi, fino a dopo l’alluvione del 1966, e quindi con tecniche differenti. In tutti i casi, però, le conseguenze furono l’assottigliamento della materia originale, la perdita della corposità e della trasparenza tipiche della pittura in affresco, e un notevole scurimento dei toni cromatici dovuto all’alterazione del Vinavil e alla presenza di residui di colla animale utilizzata per l’intelaggio. Antiestetici anche i rigonfiamenti dovuti alla non omogenea distribuzione dell’adesivo impiegato a tergo, i ritocchi diffusi e le velature a tono per ovviare ai danni dello strappo.Nel 2008, in occasione di un intervento di studio e di manutenzione sulla «Visitazione» del Pontormo (finanziato dai signori Salvi), la campagna di indagini diagnostiche fornì informazioni utili all’intervento futuro avviato solo nel 2013 e durato quattro anni. Sono stati compiuti anche rilievi fotogrammetrici, elaborazioni di mappe tematiche e restituzioni ortografiche eseguite da Culturanuova su fotografie di Antonio Quattrone, tramite il software «Modus Operandi». Il recupero della cromia originale (fattore non scontato in caso di affreschi strappati) rischiava di evidenziare mancanze, microperdite, abrasioni e assottigliamenti del colore: da qui la decisione di intervenire con un’integrazione leggermente sottotono, lavoro delicatissimo e di lunghissima durata, ma i cui risultati sono davvero sorprendenti. ...

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