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Festa di compleanno con Bernini

Roma. Per celebrare i vent’anni della riapertura della Galleria Borghese, dal 31 ottobre al 4 febbraio il museo è teatro di una mostra ampia e sfaccettata su Gian Lorenzo Bernini (Napoli, 1598-Roma, 1680), che riprende i fili critici dell’esposizione «Bernini scultore» che nel 1998 indagò la produzione plastica dello scultore barocco, partendo dalle sue eccezionali prove giovanili, realizzate per la dimora borghesiana. «Contenitore di un nucleo spettacolare di marmi berniniani, il Casino Borghese è il luogo ideale per considerare l’insieme della produzione dell’artista, i complessi problemi connessi e la portata delle sue conseguenze, spiega Anna Coliva, direttrice del museo e tra i curatori della mostra. Attraverso una settantina di opere abbiamo indagato anche il connubio pittura-scultura da cui, negli anni Venti del Seicento, nacque il linguaggio barocco. Il cardinale Scipione, primo e onnipotente committente di Bernini, lo mise alla prova per capire se fosse in grado di costruire figure d’immaginazione nello spazio delle sale, così come il committente successivo, papa Urbano VIII Barberini, lo volle demiurgo di uno spazio globale su scala architettonica ma che comprendesse anche luce, colore, illusioni proporzionali, pittura, decorazione, funzione, movimento, spettacolo di significati ed effetti».Ogni sezione della mostra è affidata a uno specialista dell’artista: oltre la stessa Coliva, Andrea Bacchi, Maria Giulia Barberini, Anne-Lise Desmas, Luigi Ficacci, Tomaso Montanari, Stefano Pierguidi, i quali, ponendo l’accento su «Bernini scultore di statue» in marmo, hanno cercato di riunire il maggior numero possibile di opere autonome e autografe, ideate al di fuori di complessi monumentali (tombe o cappelle), nella volontà di ripristinare la logica della loro concezione originaria.Dopo la mostra del 1998 alla Borghese hanno aggiunto scoperte altre esposizioni su Bernini dedicate a: i ritratti (Los Angeles-Ottawa-Firenze, 2008-09), la pittura (Roma, 2007), i disegni (Roma-Lipsia, 2015), le terrecotte (New York, Fort Worth, 2012), ma la presente antologica intende restituire, per la prima volta, l’intero arco della sua carriera. A partire dalla formazione con il padre Pietro, uno dei principali scultori nella Roma di primo Seicento, con il quale Gian Lorenzo ebbe un legame artistico molto stretto (durato fino 1617 ca) non considerato dalle antiche fonti letterarie, che preferivano esaltare la sua precoce autonomia artistica, finché Cesare d’Onofrio e Federico Zeri negli anni Settanta non scoprirono opere come il «Fauno molestato dai putti» (Metropolitan Museum, New York), eseguito a quattro mani dai due artisti e ora in mostra. Sempre sull’esempio del padre, Bernini si dedicò, anche se di rado e soltanto in gioventù, all’integrazione di marmi antichi, di cui sono esposti due dei suoi restauri più celebri, «Ermafrodito» (Louvre) e «Ares Ludovisi» (Museo Nazionale Romano, Roma), e un altrettanto famoso intervento di Pietro Bernini, «Marco Curzio Borghese» (Galleria Borghese). Sono riuniti anche i ritratti meno visti dal grande pubblico, tra cui una recente attribuzione: «Paolo V» (J. Paul Getty Museum, Los Angeles). Tra le sculture monumentali è esposta la «Santa Bibiana», la prima scultura a carattere religioso commissionata all’artista, che fino allora si era dedicato a temi mitologici o «mondani». Nei mesi passati la scultura è stata oggetto di un restauro in un cantiere nel museo, visibile ai visitatori. «Abbiamo individuato una dozzina di dipinti tra autoritratti e ritratti, la cui autografia è condivisa dagli studiosi moderni, prosegue la Coliva, compreso l’unico dipinto ritenuto di mano del Bernini già da un inventario di primo Seicento, “Andrea e Tomaso apostoli” della National Gallery di Londra, opera chiave per la conoscenza del suo mestiere di pittore».Seguono alcuni esempi della rivoluzionaria invenzione berniniana dei primi anni Trenta del Seicento, il «ritratto parlante», tra cui la celebre «Costanza Bonarelli» (Museo nazionale del Bargello, Firenze). Infine sculture di grande rilevanza, ma eseguite con materiali diversi dal marmo, in momenti e per ragioni diverse della sua carriera. Infine i marmi dell’ultimo tratto della sua trionfante carriera, tra gli anni Quaranta e Settanta, «acquisizioni abbastanza recenti, conclude la Coliva, quali il "Busto di gentiluomo" dal Lacma di Los Angeles e il “Busto di Cristo” dalla Basilica di San Sebastiano a Roma». ...

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