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Barcellona, il mondo dell’arte si schiera per l’indipendenza della Catalogna

Barcellona. Le prime urne sono apparse tre giorni prima del referendum per l’indipendenza della Catalogna, indetto per il primo ottobre  (ormai il famoso 1-O), nello stand della galleria Sicart a Swab, la fiera d’arte contemporanea emergente di Barcellona, quest'anno alla sua decima edizione. Le urne con le schede elettorali, che per tutta la settimana erano state confiscate dalla polizia nazionale e dalla Guardia Civil, erano esposte trasformate in un’opera interattiva firmata dal gallerista Ramon Sicart. La domenica (il primo ottobre)  il gallerista chiedeva a Joaquim Diez-Cascón, fondatore di Swab, di chiudere la fiera in segno di protesta per la violenza con cui le forze dell’ordine spagnole (i Mossos, la polizia catalana, si è schierata a fianco della cittadinanza), cercavano d’impedire il referendum.«Il 70% dei partecipanti di Swab sono stranieri e hanno già patito le ripercussioni di questa complicata edizione, non potevo anche chiudere la fiera un giorno prima», spiegava Diez-Cascón, mentre i galleristi catalani abbandonavano i loro stand, opere comprese, per andare ad appoggiare il referendum. La violenza contro le file di pacifici cittadini che chiedevano solo di votare è stata tale che indipendentista o no, il mondo dell’arte e della cultura non ha avuto dubbi. «Ormai non si tratta solo dell’indipendenza, ma di diritti civili e di garanzie democratiche. Come possono parlare di Stato di diritto mentre picchiano indiscriminatamente donne e anziani?», si chiedeva Joan Minguet Battlori, critico d’arte e curatore.Già il 21 settembre il Macba, il museo d’arte contemporanea di Barcellona, aveva aperto al pubblico l’attesissima antologica dedicata a Joan Brossa senza cerimonia d’inaugurazione in segno di protesta per l’aggressione alle istituzioni catalane. La decisione del Macba ha dato il via a un susseguirsi di comunicati di musei e centri d’arte in difesa delle libertà democratiche e per la celebrazione del referendum 1-O, culminato con la manifestazione per la libertà d’espressione del 26 settembre, in cui oltre cinquemila rappresentanti del mondo dell’arte chiedevano in sette lingue di poter esercitare il diritto di voto.In un comunicato i direttori dei musei della Catalogna affermavano che «pur rispettando la pluralità esistente tra le nostre visioni politiche personali, pensiamo che impedire il diritto di qualsiasi cittadino ad esprimersi liberamente non favorisca le culture democratiche né il dialogo».Alla lunga lista di comunicati indignati si sommava quello della PAAC, la Plataforma Asemblearia de Artistas de Catalunya, con la richiesta di rispettare il diritto di voto e e la denuncia della «militarizzazione illegittima del processo democratico che vive la Catalogna con sistemi autoritari e repressivi indegni di una società democratica del XXI secolo». «Vogliamo anche denunciare che il governo di Madrid ha congelato la gestione economica (di competenza del governo della Catalogna per lo statuto di autonomia, Ndr) di musei e biblioteche, università e centri di ricerca, così come dell’Istituto Ramon Llull, responsabile della diffusione della cultura catalana all’estero, alterando e limitando gravemente lo svolgimento delle attività culturali e artistiche programmate», fa notare Nora Ancarola, presidentessa della PAAC. Gli artisti sono anche stati tra i primi a denunciare la manipolazione della gran maggioranza dei mezzi di comunicazione spagnoli «con l’obiettivo di alterare la convivenza pacifica con la quale il popolo catalano sta vivendo questo difficile momento e portando a termine questo doloroso processo», secondo quanto affermano in un recente comunicato.Dopo gli episodi di violenza e di repressione ordinati dal governo di Mariano Rajoy nel tentativo di bloccare il referendum, le associazioni del settore artistico hanno aderito in massa allo sciopero generale all’indomani dell’1-O e l’incertezza di quello che succederà nei prossimi giorni ha provocato una marea di sospensioni degli eventi previsti. Le mostre programmate apriranno al pubblico, ma senza inaugurazioni mondane né attività protocollari. ...

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