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Le nuove scarpe Dr. Martens ispirate ai dipinti di Turner che fanno arrabbiare gli eredi del pittore

I celebri stivaletti in pelle sono stati di recente proposti con le riproduzioni di due opere dell’artista inglese. La linea è stata lanciata in collaborazione con la Tate Britain, che conserva i due dipinti, ma l’idea non è affatto piaciuta ai discendenti di Turner LONDRA - Per la Tate Britain nulla di strano. Non è infatti la prima volta, fa notare il museo, che opere d’arte vengono riprodotte su oggetti di uso quotidiano o di moda fuori anche dal contesto museale. Basti ricordare, tanto per citare un esempio relativamente recente, le borse, decisamente kitsch, di Vuitton realizzate in collaborazione con Jeff Koons, ispirate ai grandi dipinti.  Nel caso della Tate stiamo invece parlando della nuova linea di Dr. Martens i celebri stivaletti, in auge sin dagli anni ’90, che di recente sono ritornati particolarmente in voga, e che vengono proposti in due modelli con le riproduzioni di due opere di William Turner, “The Decline of the Carthaginian Empire” e “Fishermen at Sea”, conservate appunto nel museo londinese.  Come si legge su “The Times”, l’iniziativa non è stata particolarmente apprezzata dai discendenti ed eredi del pittore, che hanno giudicato l’operazione “scandalosa”, al punto che uno di essi Jean Steward ha affermato che lo stesso pittore se fosse vivo rimarrebbe  sconvolto e scioccato dalla notizia. Mentre un altro membro della famiglia, Ray Turner, ha giudicato assurda la scelta di riprodurre due capolavori su degli stivali di pelle.  Ma ad insorgere e criticare fortemente l’operazione commerciale  è anche l’ex direttore  dei musei di arte contemporanea di Manchester, Sheffield e Glasgow, Julian Spalding, il quale ha stigmatizzato il comportamento del museo affermando che la Tate non dovrebbe avere nulla a che fare con tutto questo.“The Tate should have nothing to do with this”. Una operazione del genere non apporta alcun accrescimento educativo o maggiore comprensione dell’opera di Turner. Spalding incalza sostenendo che la missione della Tate, finanziata peraltro con denaro pubblico, sarebbe appunto quella di educare e non si essere coinvolta in operazione di marketing.  Ma la Tate ha ribadito “It is common for artworks to be reproduced on objects and fashion both in museums and beyond.” ...

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