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Florence Biennale. Premio “Lorenzo il Magnifico”

I prestigiosi riconoscimenti sono stati assegnati  a Ars Aevi – Museo di arte contemporanea di Sarajevo nella persona di Enver Hadžiomerspahić, fondatore e direttore del Progetto e all’artista ghanese El Anatsui FIRENZE - Enver Hadžiomerspahić, fondatore e direttore del Progetto Ars Aevi, nasce a Banja Luka, Bosnia Erzegovina, nel 1946. Dal 1947 vive a Sarajevo. L’idea del Progetto Ars Aevi è nata a Sarajevo nella primavera del 1992, e dall’anno seguente Hadžiomerspahić si è dedicato alla costituzione di una collezione d’arte contemporanea per Sarajevo. L’architetto Renzo Piano ha i suoi progetti architettonici per il futuro Museo di Sarajevo. Nel 2016 l’Unione Europea ha compiuto uno studio di fattibilità per la costruzione del Museo Ars Aevi a Sarajevo. Frattanto, il Consiglio Comunale della città di Sarajevo ha approvato l’iniziativa di candidare il Progetto Ars Aevi al Premio Nobel per la pace nell’anno 2018. Recentemente il Consiglio comunale di Sarajevo ha preso la decisione di trasformare la Fondazione Ars Aevi in un Ente pubblico della città denominato “Museo di Arte Contemporanea Ars Aevi” di Sarajevo. Molte sono le persone che hanno svolto un ruolo significativo nei vent’anni del processo di costituzione della Collezione Ars Aevi, inclusi Claudio Martini, Massimo Cacciari, Marco Baccin e altri soggetti illustri. Molti di loro sono direttori artistici di musei europei che si sono impegnati nel coinvolgere artisti e possibili benefattori nella formazione della Collezione di Ars Aevi, costituita dai contributi qui menzionati. La Florence Biennale conferisce il Premio Speciale “Lorenzo il Magnifico” al costituendo Museo d’Arte Contemporanea di Sarajevo quale progetto ispirato a principi di pace per un futuro all’insegna della creatività nella vita di una città che ha subito devastazioni. Il 13 ottobre è stato conferito il Premio “Lorenzo il Magnifico” alla carriera all’artista ghanese El Anatsui.  Nato nel 1944 ad Anyanko, nella regione del Volta in Ghana, El Anatsui è cresciuto in una missione e si è formato al College of Art di quella che oggi è la Kwame Nkrumah University of Science and Technology di Kumase. Dal 1975 è docente alla University of Nigeria-Nsukka (UNN) nella provincia di Enugu e da alcuni anni è a capo del Dipartimento di Scultura. Vive e lavora a Nsukka, pur mantenendo uno stretto legame con il suo Paese natale, le cui espressioni culturali – insieme ad altri retaggi dell’Africa e alle suggestioni dell’Occidente – hanno ispirato il suo fare creativo. Emerge come artista a cavallo degli anni Sessanta e Settanta, in un periodo dominato dai movimenti nati nel cosiddetto “continente nero” ormai indipendente dall’impero britannico, e debutta con la sua prima mostra personale in Nigeria nel 1976. Nel 1980 vince la residenza d’artista alla Cummington Community of the Arts in Massachussets, esperienza che eleva la sua sensibilità di artista e gli apre scenari internazionali. Soprattutto agli inizi della sua carriera El Anatsui impiega materiali naturali quali il legno, una presenza costante nella sua produzione artistica che si ritrova per esempio in Club Windows (2002) e Devotees (1987). Di argilla e manganese sono Chambers of Memory (1977), la serie Broken Pots (1978) e Gbeze (1979), opere che accendono una riflessione sul ciclo vitale degli oggetti promuovendo il concetto di rinnovamento, rinascita, reincarnazione e dunque speranza in opposizione a morte, distruzione, disintegrazione e degrado. Recuperando oggetti usati e parti di essi, El Anatsui realizza lavori tesi a richiamare l’attenzione sul rapporto Uomo-Natura, per esempio Earth’s Skin (2008), ma soprattutto sulle dinamiche relazionali e culturali nella società contemporanea come in They Saw Us through Puffs of Smoke (2011) e Stressed World. Queste e molte altre installazioni in foggia di grande arazzo evocano l’estetica e il simbolismo del kente, il tessuto che il padre dell’artista soleva tessere rinnovando la tradizione degli Ewe e degli Ashanti in Ghana, abili anche nella lavorazione dei tessili e dei metalli. La parola gawu, che nella lingua degli Ewe può significare sia “metallo” sia “mantello pregiato”, riassume in sé il senso dei lavori che El Anatsui ha realizzato con filo di rame e metallo recuperato da rifiuti quali lattine, anelli e/o tappi di alluminio da bottiglie di liquori, grattugie di ferro e lastre per la stampa disperse nel territorio della Nigeria come di altri Paesi che stentano a riciclare i prodotti di un “sistema alieno” a fine vita. El Anatsui restituisce loro un’aura preziosa come l’oro in opere di straordinaria bellezza e originalità, che paiono avvalorare la teoria dell’esistenza di un “magnetismo vitale” negli elementi e in tutte le cose inanimate formulata da Franz Anton Mesmer. Questo anche perché la “fluidità”, la policromia e la “trasparenza” delle installazioni “tessil-metalliche” dell’artista, fanno si che esse appaiano come presenze dinamiche, mutevoli. Oggi El Anatsui vanta 50 anni di carriera, raccontata nella monografia El Anatsui: Art & Life di Susan M. Vogel (Prestel, 2012) e nel film diretto dalla stessa autrice, Fold Crumple Crush: the Art of El Anatsui (2011). Quest’anno la Florence Biennale conferisce a El Anatsui il Premio “Lorenzo il Magnifico” alla carriera “per aver magistralmente intrecciato memorie e significati nel suo rappresentare l’essenza dell’Africa ispirando un pubblico globale attraverso la riscoperta dell’inestricabile rapporto fra Uomo e Natura. La sua arte si estrinseca in innumerevoli lavori di grande impatto visivo realizzati sperimentando creativamente materiali di recupero quali metalli e legno, con cui ha mostrato al mondo che ‘la povertà dei materiali impiegati nell’arte non preclude in alcun modo il raccontare storie meravigliose di grande ricchezza”. ...

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